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sunzione del quale alla Chiesa Trentina s’ignora l’anno preciso. Si sa però che fu degno prelato, abile negli affari, tenace dei diritti vescovili e in gran riputazione presso l’imperatore Enrico IV. È prova di ciò la missione a Roma che di esso fece lo stesso Cesare nel 1067 in compagnia di Ottone duca di Baviera e di Annone arcivescovo di Colonia, per sedare lo scisma insorto nell’elezione di Alessandro II, allora vescovo di Lucca, e di Cadaloo vescovo di Parma. Eseguite con onore e destrezza le parti di sua incombenza, e ottenuta la assoluzione dall’irregolarità in cui era incorso per varii ammazzamenti di coloro che ardirono di spogliare e saccheggiare la sua Chiesa, ritornò con applauso alla coltura dell’amato gregge1.

Nell’anno 1070 consacrò una cappella dedicata a S. Biagio ed un’altra dedicata a S. Giovanni, esistenti in Trento nel palazzo superiore di sua residenza, assegnando in loro dote molti beni lasciati a beneficio di quelle da un suo soldato di nome Sofunino, defunto senza eredi. Queste due cappelle, state nei tempi più bassi incorporate alla Cattedrale, oggidì sono distrutte, restando in memoria della prima il beneficio del titolo di S. Biagio, che si conferisce dal vescovo2.

Essendo il vescovo nostro molto accetto all’Imperatore, che gli affidava gli affari più spinosi della co-

  1. Gerolamo Tartarotti. Un nostro manoscritto pone questo fatto all’anno 1068. E lo stesso affirma Meichelbeck nel T. I. Historiæ Frisingensis.
  2. Docum. membranaceo, dato in Trento: I kal. Novembris 1070; nell’Arch. Capitolare.