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dai Duchi come dai Capitani e Comuni suddetti, in tutte le sue parti, nella forma più valida e senz’altra restrizione.

Nell’anzidetto anno 1302 fu da Giordano di Gardumo data procura a Marco arciprete di Riva, ad effetto di rifiutare nelle mani del vescovo Filippo ogni diritto che esso Giordano aveva sui beni e sulle persone di Pierino e di Biagio di Molina, acciò non potessero alienarsi fuori del Vescovato; il che esso procuratore eseguì il dì 16 febbrajo dello stesso anno1. Di quest’anno si legge un altro atto di Alberto di ser Martinello, sindaco del Comune della villa di Padardo e dei vicini di quella, in Regola congregati, col quale si nomina ser Martino di Riprando in loro procuratore e lo s’invita a comparire avanti il vescovo Filippo o il di lui vicario spirituale, per confessargli che quella Comunità era tenuta di pagare ogni tre anni ad esso vescovo cinque soldi veronesi in cambio di un carro di fieno, che gli ufficiali vescovili solevano per lo passato raccogliere sul monte di Sievo2.

Frattanto, in adempimento del primo articolo della pace, il vescovo Filippo ottenne dal papa Bonifacio VIII una bolla di delegazione diretta ad Ottobono patriarca di Aquileja, colla quale il pontefice gli comandava di assolvere dalla scomunica i duchi Ottone, Lodovico ed Enrico, Conti del Tirolo, da essi incorsa per le usurpazioni e violenze commesse a danno della Chiesa di

  1. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 181.
  2. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 197.