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della città, e pagati gli stipendi dei capitani. Quello poi che ne avanzerà sia del vescovo, il quale instituisca i proprii officiali collettori, dovendosi eleggere arbitri che decidano sopra i frutti percetti.

5.° Che il vescovo ratifichi quelle sentenze che fossero state pronunciate secondo il giusto, o anche altrimenti, dai suddetti duchi, dal loro padre, o dai loro officiali.

6.° Che il vescovo debba perdonare ogni eccesso a certi chierici, familiari dei detti duchi, se ad essi piacerà d’intercedere per loro; a numero però limitato di cinque e non più persone.

7.° Che il vescovo sia obbligato d’investire essi duchi dei feudi paterni ed aviti, ed i loro seguaci dei feudi acquistati dagli stessi duchi, se lo potrà di diritto; altrimenti glieli conferirà per modo, che, durante la di lui vita, non possa giammai inquietare essi duchi nè i loro seguaci.

8.° Che nelle condizioni e patti stipulati coi duchi s’intenda compreso Guglielmo di Castelbarco coi di lui nipoti; il quale pure dovrà restituire al vescovo di Trento i castelli, i poderi, i diritti, e tutti i beni liquidi di ragione della Chiesa, rimettendo gli illiquidi o dubbi alla decisione degli arbitri; come non meno i frutti percetti, affinchè possa ottenere il beneficio dell’assoluzione.

9.° Che, subito che saranno terminate le cose premesse, vengano al vescovo restituiti liberamente la città di Trento coi suoi fortilizii, il Castello di Trento e tutti gli altri castelli liquidi; come anco quei capi che da arbitri saranno dichiarati di ragione vescovile.