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Trento, da lui riguardati con parziale affetto, la conferma dei lor privilegi1. In questo medesimo anno, il vescovo Filippo intimò un monitorio contro alcuni chierici e laici, specialmente contro Gisalberto di Brentonico e un Faganello, come usurpatori di terre e decime spettanti alle monache di S. Michele di Trento2.
Nel 1301, essendo vacante la pieve di Tauro (Thaur), diocesi di Bressanone, il vescovo nostro presentò al vescovo ossia al Capitolo di Bressanone, per la conferma, il prete Ulrico di Schenna; ma siccome questi la rinunciò, propose a quella un chierico Enrico, figlio di Valeriano di Trento3.
Già sul finire di questo medesimo anno dalle parti belligeranti si era parlato di pace; la quale, dopo varii trattati, fu conchiusa sul principio dell’anno 1302 fra i duchi di Carintia Enrico, Ottone e Lodovico per sè e per Guglielmo di Castelbarco e nipoti ed altri servitori ed amici dall’una, e tra Bartolomeo della Scala e il Comune di Verona, e Guido dei Buonaccolti e il Comune di Mantova per sè e per Odorico di Arco, ed alleati ed amici dall’altra parte; comprendendosi in essa pace il vescovo Filippo ed il suo Principato, dei quali principalmente trattavasi4. Come preliminare della pace, fu stabilito, che da ognuna delle parti interessate fossero rimesse le ingiurie ed i danni fatti