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nitorii, le citazioni, i precetti ed altro, riferendo la verità; dopo il quale giuramento, il vescovo di Padova gli ingiunse d’intimare subito un monitorio al Conte del Tirolo, ai baroni, ai soldati e agli altri detentori dei beni della Chiesa di Trento in suo nome, dichiarandosi giudice perpetuo, e di consegnare a quelli le lettere che li obbligavano a restituire al vescovo Filippo la città di Trento, i castelli, le ville, le terre e tutti i diritti usurpati1. Formato dal suddetto vescovo di Padova un regolare processo in cotesta vertenza2, il Conte del Tirolo ne fu scosso ma non emendato. Giacchè li 3 marzo del seguente anno 1290, il Conte Mainardo fece presentare da un certo Ivano veronese, suo procuratore, al vescovo Bernardo un atto ampolloso di appellazione3. Ma poi, prevedendo le sinistre conseguenze di questo passo, nello stesso mese di marzo segnò due atti che accennavano alla sua disposizione di adempir la promessa. Il primo di questi fu un mandato di procura a Corrado di Schrovenstein, onde assegnare in suo nome al Capitolo e alla Chiesa di Trento, la città di Trento, il borgo di Riva colle sue rocche, i castelli di Tenno, di Stenico e di Volsana, le valli di Annone e di Sole, delle Giudicarie e di Fiemme, colle possessioni, diritti e giurisdizioni che s’aspettavano al Vescovato4. L’altro fu un ordine perentorio dato da lui

  1. Bonelli, Notiz. istor. crit., pag. 627.
  2. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 171.
  3. Miscell. Alberti, VII, fol. 188.
  4. Miscell. Alberti, T. V, fol. 116.