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In questo medesimo anno furono proposti certi articoli di pace fra il conte Mainardo e il Comune di Trento dall’una (del vescovo non si fa punto menzione) e Lotto degli Agli fiorentino, podestà di Brescia, e Guidone dei Guidoni, capo del popolo bresciano, dall’altra; intervenendo, in qualità di sindaco, Ferramondo di Riva. Cotesto trattato conteneva promessa di perpetua pace, colla condizione però che il conte del Tirolo, nulla ostante, possa ubbidire ai comandi dell’Imperatore, prestar ajuto ad Albertino della Scala e al Comune di Verona, come non meno a Pinamonte di Mantova, se succedesse che quelli di Brescia ostilmente entrassero nei lor territorii; nè esso conte Mainardo fosse tenuto al risarcimento di alcun danno, se i signori di Castelbarco dannificassero le persone della città o distretto di Brescia nella Val Lagarina1. Non abbiamo, per mancanza di documenti, potuto rilevare la cagione, la durata e l’esito di questa guerra.
In quest’anno fu celebrato dal vescovo Enrico un Sinodo diocesano. Ciò si ricava dall’interdetto al quale il decano Gotescalco, vicario generale, assoggettò l’arciprete Pietro di Rendena che s’era fatto lecito di ritenere ingiustamente certi beni spettanti alla chiesa di Campiglio, e citato più volte dinanzi al Sinodo, non solamente non si presentò, ma impedì ancora che vi si trasferissero i frati del suddetto Ospizio2.
Nel 1288, dal Conte del Tirolo nella giudicatura