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summenzionati monaci cisterziesi. Ma di tal fatto, uscito che fu dal carcere e ritiratosi in Arco, comandò il nostro vescovo che fosse formato un pubblico rogito1.
Dell’anno 1283 non abbiamo di rimarchevole, se non che il vescovo Enrico, consenziente il Capitolo, concesse a titolo di irrevocabile donazione ai Fratelli Alemanni la chiesa di S. Maria Coronata. Questa, col tratto del tempo fu trasferita ai padri Teatini, che pensavano di stabilirsi in Trento; ma avendo essi trovata a tale intento una troppo forte opposizione nel pubblico, l’alienarono ai dì nostri alle Madri Orsoline, che la rifabbricarono e vi aggiunsero un ampio chiostro, in cui ora stanno racchiuse2. Per essere esatti, rammenteremo pure la rinnovazione dell’investitura di un antico feudo data dal vescovo Enrico in questo medesimo anno a Tebaldo, figlio di Nicolò della Brenta3.
Nel 1284, il vescovo Enrico, sempre ancora travagliato dal conte Mainardo, suo capitale nemico, fu obbligato di ratificare certo contratto di pegno che fatto aveva con Riprando Braibanto di Banco, a favore di sua figlia Elisa, per lire trecento veronesi ed altre venti di piccioli; per il qual prezzo aveva oppignorato l’affitto di quattro orne di vino alla misura di Bolgiano, fino a tanto che la detta signora o i di lei eredi fossero pienamente sodisfatti4. Si ritrovano pure certe