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uomini di Tenno nominarono loro procuratore Calepino giudice di Fiavè, col mandato di rinunciare al vescovo Enrico tutti quei diritti che per l’addietro erano dovuti alla Chiesa, consistenti in contribuzione di vino, di olio, di biada e d’altri prodotti naturali; rifiutando altresì legalmente e con ispecialità quegli enti feudali di cui potessero essere stati investiti (forse con male arti) dalla buona memoria del vescovo Egnone; con promessa che in avvenire quelli di Tenno li avrebbero riconosciuti e retribuiti puntualmente alla Camera vescovile1. Ottenne inoltre in quest’anno il nostro prelato da Corrado di Formicario, in rimedio dell’anima sua e de’ suoi genitori, la solenne rifutazione di due masi in Termeno a lui obbligati dal vescovo Egnone; e così pure il feudo, coi vassalli e colle rendite, ch’esso godeva nella pieve di Thisens2.

Nel detto anno, invitato dal suo metropolitano patriarca Raimondo, il nostro Enrico con altri vescovi intervenne al concilio provinciale celebrato in Aquileja; i di cui canoni e costituzioni si leggono in gran parte inseriti e rinnovati in altro Sinodo Aquilejese dal patriarca Bertrando di lui successore, l’anno 1338; e riportati in seguito nello Statuto capitolare, che tuttora si osserva dai canonici di Trento3.

Agli undici di maggio di quest’anno, Odorico,

  1. Miscellanea Alberti, Τ, VI, fol. 164.
  2. De Rubeis, Monum. Eccl. Aquil., cap. 79, col. 292. Miscell. Alberti, T. VI, fol. 153.
  3. Fontanini e Gentilotti. Miscell. Alberti, Τ. V, fol. 68-88.