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vescovo che da un notaio trentino fossero ridotti in forma pubblica gli obblighi degli uomini di Ledro, di Bono, di Tignale, di Lomaso, di Banale, di Tenno e di Riva verso la Camera vescovile, registrati nel libro delle ragioni di San Vigilio1. Nel maggio dell’anno medesimo, di commissione del vescovo Enrico, da Giovanni chierico di S. Maria d’Arco venne fatta la descrizione dei beni del Priorato di S. Tommaso, situato fra Riva ed Arco; dalla quale si ricava che in Nago v’era un conservatorio di monache2. Ai quattro di ottobre 1278, Carlo di Vezzano, procuratore di Adelpreto di Madruzzo, consegna al vescovo nostro un Clarello, figlio di Oliviero di Disado, con tutta la sua discendenza maschile e feminile e con alcune rendite in prodotti naturali; e il vescovo lo accetta come uomo di sua famiglia e della Casa di Dio, promettendo di non alienare giammai nè lui, nè i suoi parenti, nè le sue sostanze; e volendo a sua volta che il suddetto Clarello gli giuri fedeltà, siccome servo della Casa di Dio, ed obblighi sè e i suoi eredi a maritarsi solamente con persone libere ο almeno con persone del Vescovato3.
Nel 1279, mentre il vescovo nostro ritrovavasi a Roma, concesse con undici altri vescovi certe indulgenze alla cappella di S. Cuniberto, nella quale giace il corpo di S. Guerniero, martirizzalo dagli empi giudei. E nel giugno del detto anno, reduce alla sua diocesi,