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quarto della citata sentenza dell’imperatore Rodolfo; e così pure i beni, le possessioni, gli uomini patrimoniali del vescovo Egnone e del conte di Eppan, com’era commandato in detta sentenza. Ma ciò fu indarno, perchè la mente di Mainardo era a tutt’altro rivolta che alla debita restituzione1. Per altro, in quest’anno, dopo molte diligenze, riusciva al vescovo Enrico di ricuperare, mediante i suoi sindici, Gislimberto canonico e Oliviero di Bolgiano, non pochi beni della Chiesa di Trento dalle mani d’illeciti detentori; dei quali bene volle che fosse fatta una descrizione da deporsi in archivio2.
Nel 1277, Federico di Terlago cedette al vescovo Benvenuto di Albertino di Covelo e i di lui figli Uggiero e Jacopo con tutti i nepoti e loro peculio, sotto la promessa di non alienare alcuno di essi ed i loro beni, che rimarranno perpetuamente a servigio del Vescovato; coll’obbligo inoltre a ciascuno dei figli, nipoti e discendenti maschi di non maritarsi fuori della Casa di Dio e di S. Vigilio, e con altri patti soliti apporsi3. Nel mese ed anno medesimo, il nostro prelato ottenne dall’imperatore Rodolfo I un solenne diploma, col quale approvava l’unanime parere dei principi ecclesiastici e secolari nella sentenza, che si dovesse riputare invalida ogni nuova infeudazione fatta da principi ecclesiastici, senza il consenso dei rispettivi Capitoli4.