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i procuratori del vescovo e del conte, decretarono che i prigioni fatti da ambe le parti vengano rimessi in libertà, e rilasciati gli ostaggi, e cassate tutte le obbligazioni, sotto la pena contenuta nel compromesso. Non avendo poi potuto, o piuttosto per umani rispetti voluto, unirsi di sentimento il cancelliere Rodolfo e il conte di Würtemberg, arbitri eletti dalle parti, in vigore dell’accennato compromesso, la decisione cadde nella persona dell’Imperatore; il quale, avvocata a sè la causa, alla presenza degli avversarii, venne alla pubblicazione del suo laudo o sentenza arbitramentale nella sostanza e forma che segue:
I. Che la pace conchiusa dai sopradetti due arbitri rimanga solida e ferma per sempre.
II. Che il vescovo, a nome proprio e della Chiesa, debba rinunciare ad ogni danno e gravame ricevuto dal conte; e che il medesimo conte, a sua volta, rinuncii ad ogni pretesa sopra il castello situato nella città di Trento, e allora appellato del Mal Consiglio.
III. Che il conte rinuncierebbe pure ad ogni diritto che pretender potesse in virtù della infeudazione, sopra il castello di Königsberg e sue pertinenze, che sarà sempre proprietà della Chiesa di Trento, obbligata però al detto conte per la somma di trecento marche d’argento; rimanendo esso castello, per tale impegno, nelle mani di Cesare dal giorno di S. Maria Maddalena sino alla Rissurrezione, e da questa per lo spazio d’un anno intero, ad effetto di renderlo al vescovo, se in quel frattempo saranno da esso state sborsate le dette marche, o in diffetto al conte medesimo, il