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frate Alberto, del medesimo Ordine, del palazzo vescovile in Bolgiano, col diritto di rascuotere gli affitti ed i censi ch’erano dovuti al vescovo in quella borgata1.
Nel febbrajo del detto anno 1275, essendo il vescovo Enrico venuto in cognizione che Panceria d’Arco, messo dal suo antecessore alla custodia del palazzo e della torre di Riva, non solamente li aveva difesi con fedeltà e ragguardevole suo dispendio, ma ben anche restaurati ed avvantaggiati, gli concesse di potervi quietamente abitare, fino a che fosse in grado d’indennizzarlo altrimenti2. Di questo medesimo mese ed anno abbiamo la designazione dei feudi che riconosce dalla Chiesa di Trento la città di Riva; nella quale, oltre il diritto di trasporto a Ponale e a Torbole, di cui parlammo all’anno 1155, si leggono diverse altre prerogative e privilegi concessi dal vescovo ai Rivani3.
Veniamo ora a Mainardo. Questi, che, in riconoscenza dei copiosi feudi conferitigli dal defunto vescovo Egnone, non aveva arrossito di custodirlo per qualche tempo prigione nel castello di Trento, aspirava ora al possesso del principato temporale. A un tratto, deposto ogni riguardo alle giurate promesse di fedeltà, invase il territorio trentino, sorprese la città di Trento e il castello del Buon Consiglio, e sottomise in breve tempo tutte le altre rocche e possedimenti, devastando le campagne, saccheggiando, imprigionando e uccidendo i sud-