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Nel mese di giugno 1268, il conte Mainardo e Regina sua moglie accordarono un salvocondotto ad Emerico sacerdote e ad altri nuncii del vescovo di Trento, affinchè potessero andare e tornare sicuri da Bressanone, ove dovean trattare di alcune differenze insorte tra esso vescovo e il conte. A tale estremo erano giunte le cose! Successivamente poi, cioè li 15 del mese di luglio, comparve in Trento il maestro Giovanni Ungaro, nuncio del decano di Bressanone, giudice delegato del vescovo di Coira, il quale citò il nostro vescovo Egnone a presentarsi personalmente, o col mezzo di procuratore, nella cattedrale di Bressanone, onde assistere alla tassa delle spese contumaciali da lui incorse, per non esser comparso alla prima chiamata, nonchè a rispondere al conte del Tirolo1. Nel medesimo anno, Cristiano di Pomarolo, di cui più volte parlammo, decaduto dalla grazia del vescovo nostro per aver mancato alle sue promesse, fu a quella benignamente riammesso, dopo aver dato segni di ravvedimento, e dichiarato che in avvenire gli sarebbe fedele2. Alla fine di ottobre di quest’anno, il vescovo Egnone, supplicato dalla Comunità di Riva, col mezzo del notaro Boninsegna suo procuratore, affinchè si degnasse di consegnare alla fedeltà del Comune la torre e il palazzo vescovile, promettendo di custodirlo ad onore di Dio e della Chiesa, annuì tosto alla sua domanda3.

  1. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 171.
  2. Archivio vescovile.
  3. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 163.