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tosa, figlia di Riprando di Arco, lasciò la massima parte dei suoi beni al Vescovato di Trento. Il resto testò a favore dei signori di Castelbarco, di Castelcampo, di Castelmadruzzo, di Castelsejano, e di Guarimberto di Gajo; diseredando i suoi parenti di Arco, per aver fatto soffrire la prigionia al di lei padre e a lei stessa1.
Nel 1267, le Comunità di Calavino e di Cavedine, mediante i loro sindici, si portarono in Riva, ove ritrovavasi il vescovo Egnone, a prestargli il giuramento di fedeltà, e la promessa di difenderlo con tutte le loro forze contro qualunque persona del mondo, ma singolarmente contro i conti del Tirolo, sotto la pena, oltre dello spergiuro, di trecento marche2. Prima di tale atto, dimorando pure in Riva, il vescovo Egnone, ai fratelli e sorelle nel monastero di S. Anna di Sopramonte, i quali, ridotti ad estrema povertà, non erano in grado di osservare la regola loro prescritta, aveva concessa la facoltà di unirsi e d’incorporarsi all’Ordine degli Umiliati di S. Luca di Brescia; il che supponiamo essere seguito, giacchè dei detti fratelli e sorelle non si trova più alcun vestigio3. Nello stesso anno fu confermata certa vendita di una casa in Trento, fatta a favore del Capitolo da Jacopo detto il Conte, come delegato del vescovo Egnone e del conte del Tirolo Mainardo4.