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ranno Ezzelino III da Romano, per ferita riportata in una gamba, mentr’era prigione in Soncino, d’anni 65, passati in continue violenze e rapine. Il principato di Trento fu da lui condotto quasi all’estrema rovina. Conservasi nell’Archivio vescovile un codicetto, scritto un anno prima della sua morte, e contenente la deposizione di varie persone convocate in pubblica regola nel prato di S. Stefano presso Mori, la domenica dei 6 di giugno 1258, le quali giurarono di manifestare i beni e rendite del Vescovato e dei signori nella valle Lagarina, che non si piegarono ai comandi di Ezzelino, e favorivano le parti del vescovo di Trento1. Di Ezzelino era stato fautore, tra i feudatari dell’Episcopato, anche Albertino di Campo con Graziadeo suo figliuolo, e perciò furono loro confiscati lutti i beni per sentenza di Egnone. Ma nel novembre di quest’anno i suddetti signori, pentiti della lor fellonia, ottennero dal nostro vescovo l’assoluzione dalla sentenza, e la rinnovazione della investitura feudale, previo giuramento di fedeltà e promessa di assistere anch’essi il Vescovato contro qualunque nemico e in particolar modo contro il conte del Tirolo2.
Appartiene all’anno 1260 la donazione che il nostro vescovo fece di un certo bosco alla chiesa di S. Maurizio in Caldaro3; e una sentenza definitiva a favore del suo Capitolo e di Trentino di Gando, ai