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marzo di quest’anno, il vescovo nostro rimunerò Gralanto di Salorno, accorso nella passata guerra in difesa del Principato con gente assoldata a piedi e a cavallo, a modo di pegno per 300 lire promessegli, con l’affitto di tre carra di vino da ricavarsi da certo maso giacente in Termeno ad Alticleo; previo il giuramento d’essergli fedele anche per l’avvenire e dì assistere sè e i cittadini di Trento contro i nemici, con gente armata, a misura delle sue forze1. Nello stess’anno il vescovo Egnone investì Nicolò di Brenta della casa di Castelbrenta nel Levicano e del maso adjacente, levati a Baldo e Balmuso, figli di Tisone di Levico, partigiani di Ezzelino; e ciò col consiglio dei canonici e dei sindaci del Comune di Trento, a titolo di pegno, fino a che esso Nicolò fosse pienamente soddisfatto delle molte spese da lui fatte nella guerra contro Ezzelino, difendendo con valore il suddetto castello2. Nel medesimo anno, il vescovo nostro fu obbligato d’impegnare un annuo affitto di 29 galete di biada, ch’erano tenuti di pagare alla sua Mensa alcuni uomini di Fiavè, a Calepino giudice, il quale avea prestato alla Camera cento lire veronesi, impiegate a mantenere per qualche giorno l’esercito vescovile presso Serravalle contro il tiranno Ezzelino3. Sul principio di novembre 1258, volendo il vescovo liberare la giurisdizione di Königsberg, nella passata guerra con Ezzelino impegnata, as-

  1. Miscellanea Alberti, Τ. VI, fol. 155.
  2. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 193, 195.
  3. Miscell. Alberti, Τ. VI, fol. 195.