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molino in Termeno, verso l’annuo affitto di tre carra di vino; l’altra a Jacopo, figlio di Saibante, pur di Favogna, d’un maso a Curtazza, nel luogo di Ecco, coll’obbligo annuo di due carra di vino, di due spalle di majale e di trenta uova1.
L’anno seguente 1256 riuscì infaustissimo al vescovo nostro, per le calamità patite da parte di Ezzelino da Romano e di Mainardo conte del Tirolo, ambo intenti ad opprimerlo. Onde opporsi con tutto lo spirito al primo, che infestava frequentemente il suo principato, provvide danaro e alleanze. E a tale effetto si collegò con Riprando d’Arco, il quale promise al vescovo duemila lire veronesi sopra le rendite vescovili nell’Archese, e di sostenere con tutta la forza le ragioni del Vescovato, specialmente contro Ezzelino, sotto pena di perdere il pegno convenuto2. Per coprire la valle Lagarina minacciata da Ezzelino, il vescovo Egnone procurò l’alleanza tra i suoi potenti feudatarii, i signori di Castelbarco e quelli di Castelcorno, che consegnarono quest’ultimo castello in pegno ad Adelperio di Arco, coll’obbligo di custodirlo e con varii altri patti3. Altra alleanza, più estesa dell’antecedente, conchiuse poi il vescovo nostro coi suddetti signori di Castelbarco; i principali patti della quale furono: che Aldrighetto, allora capitano di Trento, e Federico, a nome proprio e degli altri loro fratelli Azzone e Gu-