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questa di Trento, il vescovo Egnone, essendo in potere degli inimici molti castelli e ville e beni appartenenti al suo Vescovato, impetrò da Innocenzo IV un altro indulto, in vigore del quale due parti delle rendite vescovili di Bressanone ceder dovessero a favore di Brunone, eletto di quella Chiesa, e l’altra terza parte in pro del nostro prelato, finchè gli fosse riuscito di ricuperare i beni occupati1.
Nel medesimo anno 1250, il podestà Sodegerio, come rettore, amministratore e provvisore del Vescovato di Trento, a nome dell’imperatore, investì d’una pezza di terra, giacente presso la chiesa nostra di S. Francesco, a un Maestro Fisico, cedutagli da uno Spinello di Sunza2. Nello stesso anno furono legalmente rilevati i diritti che competono al vescovo di Trento in Levico e in Selva, e specificate tutte le somministrazioni che i Levicani sono tenuti a fargli, in caso che il vescovo andasse ivi in persona, o che egli volesse portarsi a Roma3.
Nel 1251, a richiesta del nostro vescovo Egnone, il conte Alberto di Tirolo confessò di possedere, a titolo di feudo della Chiesa di Trento, il castello e la salaria di Torre, portante la rendita di tremila marche d’argento; ed oltreciò, nel territorio del Vescovato, e specialmente nelle valli di Annone e di Lagaro e presso Nago, almeno di tre masi l’uno, con una rendita di ven-