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pezza di terra di due piovi nelle pertinenze di Riva, nel luogo detto all’Ischia, colla decima di essa, a patto che contribuisse annualmente alla sua Camera mezza galeta d’oglio1. Queste erano le minuzie, lasciate dal podestà imperiale in arbitrio del vescovo! Altra locazione perpetua di maggior conto trovasi stipulata in quest’anno, non già dal vescovo, ma dal podestà Sodegerio, col preambolo rimarchevole, ch’essa veniva fatta per sè, per il vescovato, pei suoi successori, e per l’autorità imperiale da esso esercitata col braccio di Alberto, conte del Tirolo, e di Corrado di Greifenstein, prevosto in Bolgiano. Investiva Ramberto d’Anteporta di Bolgiano, assieme a suo figlio Bertoldo, di un maso che teneva dalla Chiesa di Trento a lavorare, d’una casa, d’un bagno e d’altre comodità, giacenti nelle pertinenze di Bolgiano, nel luogo detto in Campoledro, col monte in Sigenano, verso l’annuo affitto di carra quattro di vino, e coll’obbligo di fornire le legna e gli erbami necessarii per la cucina al podestà o al vescovo, quando si ritrovassero in Bolgiano2.
Nel 1246, avendo Guglielmo di Cles, a nome proprio e come tutore di Federico e curatore de’ suoi fratelli, rifiutato nelle mani del vescovo la decima e il jus decimandi in Plaspuhel e Petragreza, pertinenze di Termeno, esso vescovo ne investì colle solite forme feudali i fratelli Martino e Nicolò di Termeno3.