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nuocergli. Avesse l’incauto vescovo meglio considerata la costituzione di Adriano IV, chè non sarebbe sì malamente incappato! Il conte del Tirolo, già avvocato della Chiesa di Aquileja, divenuto ora più potente pei ragguardevoli feudi ottenuti dalla Chiesa di Trento, e accresciuti con altri dominii da lui comperati, volse la mira all’acquisto dell’avvocazia anche sul vescovato adjacente di Bressanone. Era stato eletto a vescovo di quella Chiesa Egenone o Egnone, quel desso che poi successe al nostro Aldrighetto in quella di Trento. L’anno seguente, usando le più fine arti e promettendo settanta marche d’argento, ottenne quanto bramava dal nuovo eletto, per transazione col duca di Merano, coinvestito dal medesimo Egnone di molti altri considerevoli feudi1.
Non meno fatale al nostro paese fu l’anno 1240, pei semi di prepotenza sparsi nella valle Lagarina dal feroce Ezzelino da Romano, i quali col tratto del tempo produssero frutti di nefanda tirannide per tutta la superiore Italia. Abbiamo alcune sue lettere dirette a Sodegerio di Tito, podestà imperiale, fatte da questo pubblicare a Trento in Consiglio, per concertare un’opportuna risposta. Le lettere suddette dicevano, che meglio sarebbe il levare certa gabella imposta sopra i viandanti da Trento a Verona e da Verona a Trento, destinata al pagamento delle guardie dei castelli di Jacopino di Lizzana, trasportandola invece presso il castello di Pratalia od altrove. Fecero tanta impressione sull’animo dei trentini le insinuazioni di Eccellino, che
- ↑ Miscellanea Alberti, Τ. IV, fol. 156.