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di trenta marche d’argento e della sua indegnazione, ogni ulteriore sopruso, e gli comandò che d’ora innanzi dovesse esser contento del censo solito a contribuirsi alla mensa, per lo passato, dalle ville di Oveno, di Cadine, di Vigolo, di Baselga e di Sopramonte1. Passando per Trento, nel mese di agosto 1236, l’imperatore Federico dimostrò il suo risentimento contro il nostro vescovo con altro solenne decreto, promulgato in presenza di Alberto conte del Tirolo e di Ezzelino da Romano, con cui gli proibisce d’infeudare, oppignorare o in qualunque modo alienare alcuno dei beni della sua Chiesa, e dichiara di niun valore tutte le obbligazioni, che contro questo precetto fossero mai state contratte2.

Nello stesso anno, il vescovo nostro conferiva a Bonifacio di Castelbarco l’arcidiaconato della sua cattedrale, che allora era la seconda dignità del Capitolo, investendolo della cura delle anime e della giurisdizione nelle cause matrimoniali e spirituali, nella maniera medesima e colle stesse prerogative, con cui per l’addietro lo ebbero l’arcidiacono Rodolfo e i suoi predecessori. Presentemente, dopo l’erezione della Prepositura, che occupa il secondo stallo nel Coro, l’arcidiaconato è la terza dignità, ed è tale più di titolo che di sostanza, avvegnachè, col tratto del tempo, non si

  1. Codice Wanghiano, pag. 369. Miscell. Alberti, Τ. IV, fol. 22.
  2. Miscellanea Alberti, Τ. I, fol. 189. Bonelli, Notiz. istor. crit. Τ. II, pag. 577.