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da essere impiegate a mantenimento del ponte sulla Fersina a S. Croce, e d’altri ponti che servono a beneficio della Comunità di Trento1. Ai 24 di giugno dello stesso anno, il vescovo Aldrighetto spedì la investitura feudale del dosso di Lazzaro, presso il villaggio di Pederzano, ai fratelli Oloradino e Albertino di Castelnuovo; previa la promessa di non accogliere in esso nessun avversario del vescovo, sotto pena di duemila lire2. Agli otto di luglio 1235, il nostro vescovo obbligò i fratelli Rodolfo, Anzio ed Arnoldo di Cagnò a promettere di non dare asilo ai malandrini nella loro casa di Caldes, loro concedendo di ridurla a castello, secondo le condizioni fissate a quest’uopo dal vescovo Gerardo nel 12303.

Una sensibile mortificazione toccò nel 1236 al nostro vescovo da parte dell’imperatore Federico, che si dimostrò di lui poco soddisfatto. Erano state mosse a Cesare varie querele contro esso vescovo dagli uomini di Sopramonte, che si lagnavano di venire inumanamente oppressi da pesi insoliti e da esazioni esorbitanti; permettendo il vescovo, che i suoi gastaldi levassero tutti i beni mobili e immobili a chi non poteva pagare, e di giunta li incarcerassero e tormentassero. L’imperatore accordò ai Sopramontani la sua protezione, inibì al vescovo e a’ suoi ministri, sotto pena

  1. Innoc. a Prato, Lib. VII, fol. 40. MSS. Gentilotti, in Notis ad Italiam Sacram.
  2. Codice Wanghiano, pag. 365.
  3. Cod. Wangh., pag. 367.