Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/72

83 ANNALI D'ITALIA, ANNO XXX. 84

del di lei figliuolo. Ne restò sì disgustato Tiberio, che alcuni attribuirono a questo accidente la sua ritirata da Roma. In fatti nell’ultima di lei malattia neppur si mosse per farle una visita; e dappoichè la seppe morta, andò tanto differendo la sua venuta, ch’era putrefatto il di lei corpo allorchè fu portato alla sepoltura. Avendo l’adulator senato decretato molti onori alla di lei memoria, egli ne sminuì una parte, e sopra tutto comandò che non la deificassero (benchè poi sotto l’imperio di Claudio a lei fosse conceduto questo sacrilego onore) facendo credere che così ell’avesse ordinato. Neppur volle eseguire il testamento da essa fatto, e di poi perseguitò chiunque era stato a lei caro, e infin quelli ch’essa avea destinati alla cura del suo funerale.

Soleva Tiberio ad ogni morte dei suoi diventar più cattivo. Ciò ancora si verificò dopo la morte della madre, la cui autorità avea fin qui servito di qualche freno alla maligna di lui natura, e agli arditi e malvagi disegni di Sejano, con attribuirsi a lei la gloria di aver salvata la vita a molti. Poco perciò stette a giugnere in senato un’assai dura lettera di Tiberio contro Agrippina vedova di Germanico, e contro di Nerone di lei primogenito. Erano tutti i reati loro, non già di abbandonata pudicizia, non di congiure, non di pensieri di novità, ma solamente di arroganza e di animo contumace contro di Tiberio. All’avviso del pericolo, in cui si trovavano l’uno e l’altra, la plebe, che sommamente gli amava, prese le loro immagini, con esse andò alla curia, gridando essere falsa quella lettera, e che si trattava di condannarli contro la volontà dell’imperadore. Faceano istanza nel senato i senatori, venduti ad ogni voler di Tiberio, che si venisse alla sentenza; ma gli altri tutti se ne stavano mutoli e pieni di paura. Il solo Giunio Rustico, benchè uno de’ più divoti di Tiberio, consigliò che si differisse la risoluzione, per meglio intendere le intenzioni[p. 84] del principe. Di questo ritardo, e maggiormente per la commozione del popolo, si dichiarò offeso Tiberio; ed insistendo più che mai nel suo proposito, fece relegar Agrippina1 nell’isola Pandataria, posta in faccia di Terracina e di Gaeta. Dicono che non sapendosi ella contenere dal dir delle ingiurie contro di Tiberio, un centurione la bastonò per comandamento di lui sì sgarbatamente, che le cavò un occhio. I di lei figliuoli, Nerone e Druso, benchè nipoti per adozion di Tiberio, furono anch’essi dichiarati nemici; il primo relegato nell’isola di Ponza, e l’altro detenuto ne’ sotterranei del palazzo imperiale. Qual fosse il fine di questi infelici, lo vedremo andando innanzi.


Anno di Cristo XXX. Indizione III.
Pietro Apostolo papa 2
Tiberio imperadore 17.


Consoli


Lucio Cassio Longino e Marco Vinicio


In luogo de’ suddetti consoli nelle calende di luglio succederono Cajo Cassio Longino e Lucio Nevio Sordino. Qui vien meno la storia romana, essendosi perduti molti pezzi di quella di Cornelio Tacito; e l’altra di Dione si scuopre molto digiuna, perchè assassinata anch’essa dalle ingiurie del tempo. Tuttavia è da dire essere stati sì in grazia di Tiberio i due suddetti consoli ordinarii, cioè Lucio Cassio e Marco Vinicio, ch’egli da lì a tre anni diede loro in moglie due figliuole di Germanico; a Cassio Giulia Drusilla, a Vinicio Giulia Livilla. Appartiene poi a quest’anno il funesto caso di Asinio Gallo, figliuolo di Asinio Pollione, celebre a’ tempi d’Augusto. Dacchè Tiberio dovette ripudiar Vipsania, figliuola d’Agrippa, sua moglie primiera, che già gli avea partorito Druso, per prendere Giulia figliuola d’Augusto, questa Vipsania si maritò col suddetto Asinio Gallo, e gli partorì dei figliuoli, i

  1. Sueton. in Tiber., cap. 53.