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di far loro qualche grazia a proporzione del loro bisogno. V’ha un’altra legge sua3166, in cui concede licenza di consultare gli aruspici, o sia gl’indovini della superstizione pagana: il che fece dubitare il cardinale Baronio3167 e il Gotofredo3168 che Costantino in questi tempi retrocedesse dalla religione cristiana per aderire alla falsa de’ gentili. Ma siccome lo stesso Gotofredo, Giovanni Morino, il padre Pagi e il Relando hanno osservato, altro non fece quel grande Augusto, che permettere all’importunità dei Romani il continuare nel loro abuso di prestar fede a quelle imposture, perchè troppo si lagnavano di non poter prevedere i mali avvenire per guardarsene, come stoltamente si figuravano di raccogliere dalle viscere delle bestie sagrificate. E che in effetto più che mai stesse Costantino forte nell’amore e nella profession della fede di Cristo, si tocca con mano in riflettere ad alcune leggi da lui date in questo medesimo anno in favore della stessa santa religione. Nel dì 7 di marzo ordinò3169 che nel giorno di domenica cessassero tutti gli atti della giustizia, i mestieri e le occupazioni ordinarie della città, a riserva di quelle dell’agricoltura, in cui v’ha de’ giorni che il lavorare è di grande importanza. Con altra sua legge, la quale fu pubblicata in Cagliari nel dì 3 di luglio, si vide3170 proibito in esso dì di domenica ai giusdicenti di far processi ed altri atti giudiciali, riserbando solamente il poter dare in esso giorno nelle chiese la libertà agli schiavi e il farne rogito, trattandosi in ciò di un atto di carità cristiana. Anche Eusebio3171 fa menzione di questa legge, dicendo aver desiderato il piissimo imperadore che ognuno impiegasse quel santo giorno in orazioni al vero Dio, come egli faceva con tutta la sua casa. Concedeva anche vacanza ai soldati cristiani in tutto quel dì, acciocchè andassero alle chiese ad offerire a Dio le lor preghiere. Inoltre con legge3172 indirizzata al popolo romano, e pubblicata nel dì 3 di luglio, decretò lecito ad ognuno di lasciar nei testamenti quei beni che volessero alla Chiesa cattolica, e che queste ultime volontà sortissero il loro effetto. Or veggasi se Costantino si fosse punto alienato dalla già abbracciata religione di Gesù Cristo. Truovasi poi una legge3173, la cui data è del dì 22 di giugno in Aquileia (se pur non fu, come dissi, Aquis nella Mesia), nella quale egli ordina di punir severamente chiunque impiega magia contro la vita e pudicizia altrui, lasciando poi la libertà di valersi di rimedii superstiziosi per guarir le malattie, o per conservare i beni della terra, o per altri usi che non recavano nocumento a chicchessia. Anche per questa licenza potrebbe taluno fare un reato al buon Costantino, quasichè egli non sapesse riprovate dalla legge santa de’ cristiani quelle benchè non nocive superstizioni. Ma nè pur Costantino approvava quell’abuso; solamente lo permetteva ai pagani, come pur lasciava lor fare i sagrificii ai loro falsi dii. Non si può dire quanto fossero in voga presso i gentili gli amuleti e i rimedii superstiziosi, inventati dagl’impostori per la guarigione dei mali, per iscoprir l’avvenire, e per altri loro bisogni. Il saggio principe, che non volea ne’ principii irritar troppo, e muovere a sedizioni l’immensa moltitudine dei pagani, con opprimere le loro benchè sciocche usanze, permetteva loro quelle stoltezze, giacchè di là non proveniva verun danno al pubblico, benchè sia da credere ch’egli se ne ridesse, e le detestasse ancora in suo cuore.