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Sirmio, Viminacio e Serdica. Una sola si osserva data in Aquileia. Ma il far saltare sì sovente Costantino dalla Pannonia e Dacia ad Aquileia, più di una volta ha somministrato motivo a me di sospettare che la data di quelle possa appartenere non ad Aquileia città d’Italia, ma bensì ad Aquas, o pure Aquis, luogo della Mesia superiore, dove probabilmente l’imperadore andava a bagnarsi. Trovasi appunto nell’anno 325 una legge3159 data in quel luogo. L’anno fu questo, in cui Nazario, chiamato insigne oratore da Eusebio3160, e lodato anche da Ausonio, recitò un panegirico, che tuttavia abbiamo, in lode di Costantino imperadore, in occasione dei voti quinquennali fatti nel dì primo di marzo per la salute di Crispo e di Costantino juniore Cesari, i quali entravano nell’anno quinto della dignità cesarea. Verisimilmente fu esso recitato in Roma, mentre essi Cesari e l’Augusto lor padre erano ben lontani di là, argomentandosi dal vedere sul fine un desiderio dell’oratore, che Roma possa oramai godere la consolazion di mirare il suo principe e i suoi figliuoli. Raccoglie Nazario3161 in poche parole nella perorazione i benefizii già fatti da Costantino al popolo romano e al resto dell’imperio, con dire che i Barbari al Reno erano stati respinti dalle Gallie, e nei loro stessi paesi aveano provato il filo delle spade romane. Che la nazion de’ Persiani, la più potente che fosse allora dopo la romana, facea premura per istar amica di Costantino; nè si trovava nazion sì feroce e barbara, che non temesse od amasse un imperadore di tanto senno e valore. Che per tutte le città dell’imperio si teneva buona giustizia, si godeva un’invidiabil pace ed abbondanza di viveri. Che le città mirabilmente venivano ornate di nuove fabbriche, ed alcune di esse pareano interamente rinnovate. Che molte leggi pubblicate da Costantino tendevano tutte a riformare i costumi e a reprimere i vizii. Che le sofisticherie, le calunnie, le cabale non aveano più luogo nel foro, volendo egli che con semplicità si amministrasse la giustizia. Che le oneste donne erano in sicuro, ed onorato il matrimonio, col non soffrire gli adulterii e i concubinati. Finalmente che ognuno si godeva in pace il suo, senza paura di soperchierie dalla parte dei prepotenti, o concussioni da quella del fisco. Altrettanto s’ha da Optaziano3162 nel panegirico di Costantino, con aggiugner egli che questo buon principe, per quanto poteva, addolciva il rigor delle leggi; e quantunque anche le sue fossero ben rigorose, pure egli con gran facilità accordava il perdono ai colpevoli. Abbiamo poi dal suddetto Nazario3163 che il giovinetto Crispo Cesare, dopo essersi acquistato non poco credito nella guerra contra degli Alamanni, venne nel furore d’un rigoroso verno, cioè ne’ primi mesi dell’anno corrente, a ritrovar il padre Augusto, tuttavia soggiornante nell’Illirico. In quelle parti appunto noi osserviamo pubblicate da lui molte leggi3164, e massimamente in Sirmio. In una di esse3165, data in Serdica nel dì 27 di febbraio, egli temperò l’usato rigore delle confiscazioni per delitti, ordinando che restasse esente dalle griffe del fisco tutto quel che i delinquenti prima de’ lor misfatti avessero donato alle mogli, ai figliuoli e ad altre persone, non essendo di dovere che chi non avea avuta parte ne’ delitti, l’avesse nella pena. Comandò inoltre che i ministri del fisco nella memoria de’ beni confiscati notassero sempre se il reo avea dei figliuoli; ed avendone, se loro avea fatta qualche donazione, con disegno, come si può credere,