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l’armata sua3037, con inviarne un’altra per mare, e tal diligenza fece che all’improvviso comparve all’Alpi, e le passò senza trovar resistenza. Trovò bensì la città di Susa ben fortificata, ben rinforzata di guarnigione, che si oppose ai suoi passi, nè volle cedere alla chiamata. Costantino, senza mettersi ad assediarla, comandò immantinente che si attaccasse il fuoco alle porte, e si desse la scalata alle mura. V’entrò vittoriosa la di lui gente; e pure il buon imperadore ne impedì il sacco, e perdonò a quegli abitanti e soldati3038. S’inoltrò poi l’esercito suo alla volta di Torino; ma prima di giugnervi, ecco possenti schiere di nemici a cavallo, tutte armate di ferro, attraversargli il cammino. Fatto far largo ai suoi, Costantino le prese in mezzo, e poi diede loro addosso. I più restarono ivi atterrati a colpi di mazze, gli altri inseguiti sino a Torino, trovarono le porte che non si vollero aprir dagli abitanti per loro, a piè delle quali perciò rimasero estinti. Di volere del popolo entrò in quella città Costantino, ricevuto con giubilo da tutti. Questo primo prosperoso successo dell’armi sue mosse le circonvicine città a spedirgli dei deputati, con esibirgli la lor sommessione e provvisione di viveri, di maniera che, senza più sfoderar la spada, egli arrivò a Milano, dove entrò fra i viva di tutto quel popolo. Il buon trattamento ch’egli faceva a chiunque volontariamente si rendeva, invitava gli altri ad accettarlo allegramente per signore. Dopo aver dato per qualche giorno riposo all’esercito suo in quella nobil città, passò Costantino a Brescia, dove trovò un buon corpo di cavalleria che parea disposto a far fronte; ma sbaragliato con pochi colpi, prese tosto la fuga, con salvarsi a Verona, dove si erano unite le soldatesche di Massenzio, sparse prima in varii siti per difendere quella forte città3039. Avea quivi il comando dell’armi Ruricio Pompeiano prefetto del pretorio, uomo di molta sperienza ne’ fatti della guerra, che, senza volersi esporre all’azzardo di una battaglia, si dispose a sostenere l’assedio, con restare a sua disposizione il di là dall’Adige. Fu dato principio all’assedio, ma riconoscendosi la vanità d’esso se non si stringeva la città anche dalla parte settentrionale, riuscì poi alle milizie di Costantino di valicar quel fiume nella parte superiore in sito poco custodito da’ nemici; e però d’ogni intorno restò assediata Verona. Più d’una sortita fece Pompeiano, ma con lasciar sempre sul campo la maggior parte dei suoi: il perchè prese egli la risoluzione di uscirne segretamente dalla città per portarsi a raunar gente, e tornar poi a soccorrerla. Ritornò in fatti con molte forze3040. Ma Costantino, lasciata la maggior parte dell’esercito all’assedio, col resto, benchè inferiore di numero ai nemici, andò coraggiosamente ad assalirlo. Si attaccò la zuffa verso la sera, e durò parte della notte, colla totale sconfitta e strage grande de’ Massenziani, e colla morte dello stesso lor generale Pompeiano. Grandi prodezze fece in questo combattimento Costantino, coll’entrare nel più forte e pericoloso della mischia, e menar le mani al pari d’ogni semplice soldato, di maniera che dopo la vittoria i suoi uffiziali colle lagrime agli occhi lo scongiurarono di non azzardar più a questa maniera una vita di tanta importanza3041. Pare che continuasse anche qualche tempo l’assedio, e che la città fosse presa o per dedizione o per assalto, e poi saccheggiata, ma i panegiristi d’allora, usati, secondo il loro mestiere, a farci veder solamente il bello del loro eroe, non ci lasciano scorgere come terminasse quella tragedia, se non che l’Anonimo scrive, che Pompeiano cagion fu della rovina di Verona, e che miserabil fu la calamità di quel