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imperiale, da uomo accorto, perdonò a tutti, e massimamente ad Aristobolo console, uomo insigne, a cui conservò tutti i suoi onori. Prese anche al suo servigio quasi tutte le milizie che aveano servito a Carino: azione, a cui fece ognuno gran plauso, al veder terminata una guerra civile senza esilii, senza morti e confische di beni, siccome cosa rara e quasi senza esempio sotto Roma pagana. Che Diocleziano vincitore venisse dipoi in questo anno a farsi conoscere a Roma, e a ricevere le sommessioni del senato e del popolo, sembra non inverisimile; e Zonara2696 lo scrive. Nulladimeno le memorie antiche osservate dal cardinal Noris2697 ci portano a credere ch’egli andasse a passar il verno nella Pannonia, con apparenza che meditasse una spedizione contra de’ Persiani, perchè con essi non era seguita pace alcuna.




Anno di Cristo CCLXXXVI. Indizione IV.
CAIO papa 4.
DIOCLEZIANO imperadore 3.
MASSIMIANO imperadore 1.

Consoli

MARCO GIUNIO MASSIMO per la seconda volta e VETTIO AQUILINO.

Diocleziano, che abbiam veduto sì prosperosamente portato al soglio imperiale, e sbrigato dagli emuli suoi, era oriondo2698 da Dioclea, città della Dalmazia; portò anche il nome di Diocle, che cangiò poscia in quello di Diocleziano. L’uno dei Vittori2699 e Zonara il fanno di famiglia bassissima; ed opinione anche fu che fosse liberato, o pur figliuolo di un liberto di Anulino senatore. I più nondimeno credeano che suo padre fosse stato uno scrivano o notaio. Non si sa perchè egli assumesse il nome di Caio Valerio Diocleziano, come per l’ordinario era chiamato. Truovasi col nome ancora di Caio Aurelio Valerio Diocleziano, per mostrarsi forse successore ed erede di Marco Aurelio Caro, e di Numeriano suo figlio. Per la via dell’armi andò salendo sino ad essere comandante delle milizie della Mesia; e sotto Numeriano fu capitano della guardia a cavallo. Fama era che gli fosse stato predetto dalla moglie di un druido, a Tungres nelle Gallie, ch’egli sarebbe imperadore2700. Imperocchè, facendo i conti con quella donna istessa, questa disse ch’egli era troppo avaro. Diocleziano burlando le rispose che sarebbe poi liberale quando fosse divenuto imperadore. Replicò la donna che non burlasse, perchè tale sarebbe, allorchè avesse ucciso un apro, cioè un cignale. Non cadde in terra questa parola. Da lì innanzi Diocleziano si dilettò molto della caccia e di uccidere dei cignali, ma senza veder mai effettuata la predizione. Allora poi ch’ebbe ucciso il prefetto del pretorio Apro, gridò: Ora sì che ho ucciso il fatal cignale; racconto che ha del curioso, purchè questa cosa nata non fosse e inventata da qualche bell’ingegno dopo del fatto. Il credito di Diocleziano2701 l’aveva portato al posto di console surrogato nell’anno 283, siccome accennai di sopra. Non si può negare: in lui s’univano delle invidiabili qualità, e soprattutto mirabile fu in lui l’accortezza e vivacità della mente. In questa non avea pari; col suo mezzo penetrava facilmente nel cuore altrui per iscoprirne le intenzioni e non lasciarsi ingannare; e mercè d’essa ne’ bisogni e pericoli sapea tosto ritrovar ripieghi e scappatoie, con prevedere a tutto, con simulare e dissimulare dovunque occorreva. L’umor suo era veramente impetuoso e violento, ma s’era anche avvezzato a ritenerlo e a comandare a sè stesso;