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creduto che tali fossero i prenomi e nomi di questi consoli. Perchè non è esente da dubbii sì fatta partita, ho creduto meglio di star col Relando2041, che solamente accenna i loro cognomi. Quali imprese in quest’anno facesse Massimino, dopo avere svernato nella Pannonia, resta a noi molto scuro. Truovansi nondimeno iscrizioni2042 a lui poste nel susseguente anno dalle provincie che continuarono ad ubbidirlo, nelle quali è chiamato Dacico Massimo, Sarmatico Massimo ed Imperadore fin sette volte: tutti indizii di battaglie date e di vittorie riportate contra de’ Sarmati e Daci. Capitolino2043 attesta anch’egli che Massimino ebbe moltissime guerre, dalle quali ritornò sempre vincitore e con gran copia di prigionieri e di bottino. Nulladimeno ha ciera di una rodomontata l’aver egli scritto al senato. Tante essere state le guerre da lui fatte in poco tempo, quante mai altri ne facesse in vita sua: tanta la preda, che avea superata la speranza di ognuno; tanti i prigionieri, che non bastava il paese romano a contenerli tutti. Dissi che intanto egli peggio trattava i sudditi suoi. Abbisognava di danaro per sostenere quel diluvio di armati; e per cavarne da tutti i lati, si concedeva ad ognuno licenza d’accusare2044. Stavano sempre aperti gli orecchi di Massimino alle spie e a qualunque giusta o calunniosa relazione, bastando che comparisse l’accusa, perchè ne succedesse tosto la carcerazion delle persone, senza distinzione alcuna di grado o di età. Laonde notte e dì si vedevano da ogni parte anche più lontana del romano imperio condotti sopra carrette in Pannonia uomini incatenati di qualsivoglia dignità civile o militare, cominciando da coloro che erano stati consoli2045; e tutti poi o innocenti o rei venivano condannati alla morte o all’esilio, col confisco de’ loro beni e colla rovina delle lor famiglie. Gran disavventura, o almen gran pericolo e batticuore era allora l’essere ricco, coll’esempio di tanti e tanti, i quali, di ricchissimi ch’erano, erano ridotti a limosinar il pane. Nè qui terminò l’insaziabil crudeltà e avidità del tiranno. Mise anche le mani sopra tutte le rendite proprie della città, destinate per mantenimento della pubblica annona, per aiuto della povera plebe, per le feste e per li giuochi allora usati. Passò inoltre a spogliare i templi di tutte le statue, e d’ogni altro ornamento d’oro, d’argento o di rame: che tutto, portato alle zecche, si convertiva in moneta. Per tanti spogli e violenze veggendosi i popoli sì conculcati e tanagliati dal proprio principe, non si può dire come fossero malcontenti ed amareggiati; ma le lor doglianze consistevano in sole parole, in maledizioni, in implorar l’aiuto de’ sordi numi offesi, a riserva d’alcuni, che, non potendo soffrire gl’insulti fatti ai lor templi, nel difenderli, si lasciarono piuttosto scannar presso gli altari. Ne mormoravano forte fin gli stessi soldati, perchè tutto dì veniva rimproverato loro dai parenti ed amici che per colpa d’essi tante iniquità erano commesse da Massimino. Sotto quest’anno la corrente dei moderni storici mette la sollevazion dell’Africa contro dell’indegno Massimino, e l’assunzione al trono augustale dei due Gordiani, e la lor caduta, con altri accidenti; ma con restare involti in molte tenebre i fatti d’allora. Quanto a me, credo tutto ciò avvenuto solamente nell’anno seguente, siccome dirò: e che Massimino passasse il presente in far guerra ai Daci e Sarmati, e svernasse dipoi quietamente nella Pannonia.