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nascoso alcun poco, finchè giunti i corridori spediti da Elagabalo coll’avviso della vittoria, fu scoperto e messo in una carretta per condurlo vivo al vincitore; ma gittatosi dal carro, e rottasi una spalla ad Archelaide, città della Cappadocia, gli fu mozzato il capo e portato ad Elagabalo, che lo fece porre sopra una lancia, e girar per tutto il campo alla vista di ognuno. Terminò Macrino i suoi giorni in età di cinquantaquattro anni, dopo aver regnato quasi quattordici mesi. Mentre Diadumeniano suo figliuolo era in viaggio, sperando di salvarsi nel paese de’ Parti, raccomandato dal padre ad Artabano, fu preso anch’egli1889, ed ucciso in età di circa dieci anni, con che restò solo padrone del romano imperio Marco Aurelio Antonino, soprannominato Elagabalo, in cui andiamo a vedere il più vergognoso ed abbominevol uomo che sedesse mai sul trono de’ Cesari. Dopo l’union degli eserciti proclamato di nuovo Imperadore, entrò come trionfante in Antiochia. Pretendevano i soldati il sacco di quella innocente città: la salvò Elagabalo, con promettere loro cinquecento dramme per testa; somma che la dovettero pagare per loro men male i cittadini. Dai frammenti di Dione, pubblicati dal Valesio1890, abbiamo che esso Elagabalo, ovvero chi faceva per lui, scrisse al senato, mandando la lettera a Pollione console. S’intitolava egli imperadore Cesare Augusto, figliuolo di Antonino (cioè di Caracalla), nipote di Severo, Pio, Felice, dotato della podestà tribunizia e proconsolare; cosa contraria all’ordine e all’uso, perchè gli altri principi aveano aspettata questa autorità dal senato, almen per un atto di convenienza. Si può argomentare da ciò quanto abbiam detto di Diadumeniano creduto Augusto, perchè non vi fu tempo da poter ricevere questo titolo dal senato. In essa lettera Elagabalo sparlava forte di Macrino, prometteva gran cose di sè stesso, protestando di prendere per suo modello Augusto e Marco Aurelio. Tutte spampanate di lui o di chi dettò a lui quella lettera. Staremo poco ad avvedercene. E se ne accorsero allora i senatori, perchè egli a parte scrisse al console Pollione, che se alcuno facesse opposizione o resistenza, egli si servisse della forza e dei soldati ch’erano in Roma. Già erano afflitti essi senatori per aver perduto Macrino, principe che non doveva essere quel tanto sciagurato che Capitolino ci vuole far credere; e molto più per dover essere governati da uno sbarbatello Soriano, non conosciuto da alcuno, o almen da pochi: il quale senza verun legittimo titolo, e per una vergognosa finzione di bastardismo, si era intruso nel trono cesareo. Tuttavia bisognò chinare il capo, insegnare alla lor lingua le acclamazioni e gli elogi ad Elagabalo, e fino all’odiato Caracalla, vantato suo padre, e dichiarar nemico pubblico Macrino. Trovasi qualche iscrizione spettante a quest’anno in cui si veggono consoli Antonino ed Advento. Una specialmente ne produce il Fabretti1891: il che fa intendere, e lo conferma anche Dione, che Elagabalo, chiamato Marco Aurelio Antonino, di sua autorità si fece console in quest’anno, e ciò senza licenza del senato, con far anche radere dagli atti pubblici il nome di Macrino, e mettervi il suo, quasichè egli fin dalle calende di gennaio fosse stato console con Advento. Ma noi poco fa abbiam veduto console in quest’anno anche Pollione. Forse nelle calende di maggio era egli stato sostituito a Macrino in quella insigne dignità. Ardevano intanto di voglia Mesa e Giulia Soemia, madre del nuovo Augusto, di rivedere Roma, dove erano state in delizie ne’ tempi addietro, e però affrettarono verso quella parte Elagabalo1892. Giunto egli coll’armata a
no match
Nicomedia, per la stagion troppo avanzata, quivi si fermò, per proseguire il viaggio nella prossima ventura primavera.