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gran copia di ricchezza; e siccome donna accorta e spiritosa, gran provvisione avea fatta di disinvoltura e sperienza negli affari del mondo. Lasciolla Macrino in pace, nè tolse un soldo dei tesori da lei accumulati: laonde ella, dappoichè fu morta la sorella Augusta, si ritirò nella città di Emesa, patria sua, colle due sue figliuole vedove, e con due nepoti, figliuoli delle medesime. Quello di Giulia Soemia si appellava Vario Avito Bassiano (Dione, non so perchè, lo chiama Lupo: fors’era un soprannome), che noi vedremo fra poco imperadore col soprannome di Elagabalo. L’altro, nato da Giulia Mammea, portava il nome di Alessiano, il quale, giunto anch’esso all’imperio, sarà da noi conosciuto col nome di Severo Alessandro. Bassiano, giunto all’età di quattordici anni1880, era bellissimo giovinetto, e sacerdote del tempio del dio Elegabalo, cioè del Sole, benchè altri dicano di Giove o di Serapide, adorato in quella città, non già in qualche immagine o statua, ma in una pietra che avea la figura di cono o sia di un pane di zucchero, pietra caduta dal cielo per felicità di quel popolo. I soldati acquartierati fuori di Emesa, coll’andare a quel tempio, e veder in esso e fuori di esso in superbe vesti e con corona gioiellata in capo il vaghissimo sacerdote Bassiano, se n’erano mezzo innamorati. Crebbe poi a dismisura questo amore, da che l’accorta Giulia Mesa fece spargere voce1881 che questo bel giovine era figliuolo di Caracalla Augusto, mercè del commercio da lui avuto con Giulia Soemia figliuola di lei, allorchè dimoravano tutte in corte. Vera o falsa che fosse questa voce, commosse non poco i soldati tra per lo amore che tuttavia nudrivano verso Caracalla, e per l’odio che portavano a Macrino. Si aggiunse la fama delle grandi ricchezze di Giulia Mesa, la quale ne facea loro una generosa offerta, se volevano promuovere al trono il giovine Bassiano. Fatto il concerto, ed uscita ella una notte di Emesa, condusse il nipote al campo de’ soldati, che immediatamente lo acclamarono Imperadore, e vestirono di porpora nel dì 16 di maggio, dandogli il nome di Marco Aurelio Antonino, soprannominato dipoi Elagabalo per cagione del suddetto suo sacerdozio. Da Capitolino e da altri è chiamato Heliogabalo; sono d’accordo ora gli eruditi in appellarlo Elagabalo. Dione1882, all’incontro, lasciò scritto, essere stata l’esaltazione di questo mentito figlio di Caracalla opera e maneggio solamente di Eutichiano, soprannominato Comazonte a cagion del suo umore allegro e buffone, già figliuolo di uno schiavo, e poi liberto degl’imperadori, uomo screditato al maggior segno per varii vizii. Costui (seguita a dire Dione) arditamente trattò l’affare senza che lo sapessero nè la madre, nè l’avola di Elagabalo; ma sembra ben più verosimile il racconto di Erodiano, che mette incitati i soldati alle sedizione specialmente per la speranza de’ tesori loro esibiti da Giulia Mesa. Portata a Macrino questa nuova, mostrò egli nel di fuori di non farne conto, anzi di ridersene, considerato per uno scioccherello e ragazzo Elagabalo, ed atteso particolarmente il nerbo de’ suoi pretoriani e delle altre milizie che il fiancheggiavano. Scrisse nondimeno questa novità al senato, e con lettera appellata puerile da Dione. S’egli fosse stato uomo di testa e provveduto di coraggio, nulla più facile era che di affogar quella ribellione, marciando tosto con tutte le sue forze contro quel corpo di armata ribelle, troppo inferiore alla sua, e col promettere ai soldati il bottino delle ricchezze di Giulia Mesa. Gli parve sufficiente rimedio al male lo spedir colà Ulpio Giuliano perfetto del pretorio con parte delle milizie1883. Appena arrivato colà questo uffiziale, ruppe alcune porte