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festa e solennità1765, e rendè gli ultimi doveri alla memoria del padre. Vedesi descritto da Dione il solennissimo funerale e l’empia deificazion di Severo fatta allora. Io mi dispenso dall’entrarvi. Può il lettore informarsene ancora, se vuole, da Onofrio Panvinio1766.


Anno di Cristo CCXII. Indizione V.
ZEFIRINO papa 16.
CARACALLA imperad. 15 e 2.

Consoli

CAIO GIULIO ASPRO per la seconda volta e CAJO GIULIO ASPRO.

Erano fratelli questi due consoli, e, per attestato di Dione1767, figliuoli di Giuliano Aspro, personaggio pel suo sapere e per la grandezza d’animo assai rinomato, e tanto amato da Caracalla, che tanto egli che i suoi figliuoli furono esaltati da lui a’ primi onori. Ma poca sussistenza ebbe il favore di questo bestiale Augusto. Giuliano da qui a non molto fu vituperosamente cacciato fuori di Roma ed obbligato a tornarsene alla sua patria. Un’iscrizione pubblicata dal Fabretti1768 ci fa vedere che sì l’un come l’altro portava il nome di Cajo Giulio Aspro: cosa nondimeno assai rara, e Dio sa se vera, non veggendosi distinto per alcun segno, come si usava, l’uno dallo altro. Nel viaggio a Roma dei due fratelli Augusti, Caracalla e Geta, diede negli occhi ad ognuno la comune lor diffidenza e discordia, perchè non alloggiavano mai nè mangiavano insieme; temendo cadaun d’essi di veleno. Più visibile riuscì poi in Roma il lor contraggenio, anzi l’odio vicendevole che l’un covava contro dell’altro, quantunque Geta, giovane di miglior cuore, solamente per necessità stesse in guardia, perchè assai persuaso del cuor fellone di suo fratello1769. Questa fiera diffidenza cagion fu ch’essi fecero due parti del palazzo cesareo, per istar ben separati l’uno dall’altro, con far chiudere le porte frapposte fra i loro appartamenti, e tenendo solamente aperte quelle delle sale, dove amendue davano pubblica udienza. Nè già ad alcun d’essi mancava veruna delle comodità, perchè il palazzo imperiale era più vasto, se Erodiano dice il vero, del resto di Roma stessa: il che un gran dire a me sembra, e nol so digerire. Andò tanto innanzi questa contrarietà e mutola guerra fraterna, che ognun d’essi s’ingegnava di tirar più gente nel suo partito; nel che Geta avea più destrezza e fortuna, perchè generalmente più amato che l’altro, a cagion d’essere giovane placido, cortese verso tutti, in una parola assai diverso dal barbaro suo fratello. Cadauno intanto volle la sua guardia separata, lasciandosi vedere di rado insieme, e questo nelle sole pubbliche funzioni. Fu dunque proposto da qualche amico e consigliere, per prevenir maggiori disordini, che si dividesse fra loro l’imperio. Erano come d’accordo i due fratelli su questo. Contentavasi Geta di aver in sua parte l’Asia, la Soria e l’Egitto, lasciando tutto il resto nell’Europa e nell’Africa al fratello, con pensiero di mettere la sua residenza o in Antiochia o in Alessandria, città che allora poteano gareggiare in grandezza con Roma. I senatori di nazione europea resterebbono in Roma; gli altri potrebbono seguitar Geta. Nel consiglio degli amici del padre, e alla presenza di Giulia Augusta lor madre, spiegarono i due Augusti questa loro risoluzione. Con ribrezzo e con gli occhi fitti nel suolo ciascuno gli ascoltò, nè alcuno osava di aprir bocca, quando saltò su Giulia, e pateticamente loro parlò dicendo, che potrebbono ben partire gli Stati, ma come poi partirebbono fra loro la madre? e qui con singhiozzi e con lagrime li pregò di piuttosto uccidere lei, che di lasciarla sopravvivere a questo sì lagrimevole spettacolo. Correndo poi ad abbracciarli teneramente amendue, gli scongiurò di