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senza che le guardie dello stesso Plauziano permettessero d’entrare a quei del suo seguito. Della sua ribalderia non si può dire abbastanza. Era giunto costui ad un’immensa ricchezza per li tanti beni confiscati, a lui donati da Severo; e pure non sapendo mai saziarsi1712 l’insaziabil sua avarizia, ad altro non attendeva che a far sempre nuovi bottini. Per istigazione principalmente di lui furono fatti morir da Severo tanti benestanti, nè v’era provincia o città, dov’egli fosse capitato, che non restasse spogliata del meglio da costui, senza perdonarla nè pure ai templi, contandosi fra le altre sue ruberie, che egli portò via i cavalli del Sole dall’isole del mar Rosso. Credevasi, in una parola, che egli possedesse più roba che lo stesso imperadore e i suoi figliuoli. Dello orgoglio suo non occorrerebbe dire. Quando usciva per città, andavano innanzi i suoi col bastone alla mano a far ritirare ognun dalla strada, ordinando che tutti tenessero gli occhi bassi, nè il riguardassero, come si fa alle sultane in Levante. Perciò egli era più temuto che lo stesso imperadore; e i soldati e i senatori non giuravano che per la di lui fortuna. Pubbliche preghiere si faceano per la di lui conservazione; e più statue a lui furono alzate in tutte le provincie, che allo stesso Severo, e fino in Roma, ed anche coll’autorità del senato. Severo o non sapeva tutto, o sofferiva tutto; tanto era il predominio che costui aveva preso sopra di lui. Già abbiam detto che Severo fece sposar Plautilla, figliuola d’esso Plauziano, a Caracalla Augusto suo figlio; e per maggiormente onorar questo suo favorito, il creò console nell’anno presente, con far due novità. L’una fu, che avendolo dianzi dichiarato console onorario, con solamente conferire a lui gli ornamenti consolari, quantunque non fosse stato veramente console, pur volle che venisse chiamato console per la seconda volta. L’altro fu, che il grado di prefetto del pretorio non si concedeva allora, se non a’ cavalieri, cioè a quei dell’ordine equestre: il consolato solamente a chi era senatore. Volle Severo che Plauziano nello stesso tempo procedesse console, e ritenesse anche il posto di prefetto del pretorio. Due erano allora i prefetti di esso pretorio1713, cioè l’uno esso Plauziano e l’altro Emilio Saturnino. Plauziano, a cui non piaceva d’aver compagni in quella importante carica, fece ammazzar l’altro. Cotanto si teneva egli sicuro del suo potere e padrone dell’imperadore, che niun rispetto mostrava per Giulia Augusta; anzi la maltrattava, e ne diceva male tuttodì allo stesso imperadore, con aver anche tormentate delle nobili donne, per ricavar loro qualche trascorso della medesima; di maniera che Giulia, abbandonati tutti i divertimenti, cominciò allora a studiar la filosofia morale, e a conversar solamente con persone dotte. Ci vien anche dipinto costui da Dione per uomo di sfrenata libidine, col non voler nello stesso tempo che sua moglie conversasse con alcuno, e nè pur fosse visitata dall’imperadore o dall’imperadrice. Aggiugnevasi a sì fatti vizi anche una intemperanza somma, perchè empieva così forte il sacco, che non potendo digerir tanta copia di cibo e di vino, ricorreva per lo più al recipe di rigettarlo. Per tali eccessi nondimeno, ma più per la paura di Caracalla suo genero, questo sì potente personaggio, questo gran favorito si vedeva sempre pallido e tremante. Motivo di gravi dicerie contra di lui fu ancora l’aver egli contra le leggi romane fatto castrare cento buoni cittadini romani, parte fanciulli e giovinetti, parte ancora ammogliati, acciocchè servissero da eunuchi a Plautilla sua figliuola, maritata, come dicemmo, all’Augusto Caracalla. Tale era in questi tempi Plauziano prefetto del pretorio e console. Il Panvinio1714 e il Relando1715 crederono