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ci rappresenta Severo sotto quest’anno Imperadore per la decima volta; il che è segno (quando ciò sussista) della vittoria riportata contra de’ Parti. Con magnifiche parole diede Severo1662 un distinto ragguaglio di queste sue vittorie al senato e popolo romano, e ne mandò anche la descrizione dipinta in varie tavolette che furono esposte in Roma. Nè fu minore la diligenza del senato in accordargli tutt’i più onorevoli titoli delle nazioni ch’egli diceva d’aver soggiogate; e l’adulazione inventò allora quello di Partico Massimo, che si comincia a trovar nelle iscrizioni e medaglie. A lui fu decretato il trionfo. Se crediamo al suddetto Sparziano1663, senza saputa, non che consenso di Severo, seguì la proclamazione di Caracalla Augusto; e perchè il padre o seppe o s’immaginò ciò fatto perchè egli pativa delle doglie articolari, o pur delle gotte ne’ piedi, nè potea ben soddisfare ai bisogni della guerra, salito sul trono, e fatti venir tutti gli uffiziali dell’armata, volea gastigar chiunque era stato autore di quella novità. Ognun d’essi si gittò ginocchioni, chiedendo perdono. Terminò questa scena solamente in dir egli: Avete da conoscere in fine, essere la testa che comanda, e non i piedi. Al Salmasio questa parve una frottola di Sparziano. Il Tillemont1664 cerca di renderla verisimile con dire che Caracalla dovette far questo maneggio per escludere Geta suo fratello: il che dispiacque a Severo. O pure che ciò potè accadere nell’ultima guerra da lui fatta nella Bretagna, siccome vedremo. Son plausibili le di lui riflessioni; ma come sarà poi vero che Caracalla acquistasse nell’anno presente il titolo d’Augusto?


Anno di Cristo CXCIX. Indizione VII.
ZEFIRINO papa 3.
SETTIMIO SEVERO imperad. 7.
CARACALLA imperadore 2.

Consoli

PUBLIO CORNELIO ANULINO per la seconda volta, e MARCO AUFIDIO FRONTONE.

Di due assedii della città di Atra, siccome accennai, fatti dall’Augusto Severo, noi siamo accertati dallo storico Dione1665. Il primo, per attestato di Erodiano1666, dovrebbe appartenere all’anno precedente, assedio calamitoso ed insieme frustraneo all’armata romana. Funesto riuscì sopra tutto il medesimo a due de’ primi e più valorosi uffiziali. L’uno fu Giulio Crispo, tribuno de’ soldati pretoriani. Questi, perchè si trovava stanco per le fatiche militari, e in collera al vedere che l’imperadore, per l’ostinata sua ambizione e vanità, consumava tante truppe intorno a quell’inespugnabil fortezza, cominciò a cantar quei versi di Virgilio nel libro undecimo dell’Eneide, dove Drance si duole che Turno fa perir senza ragione tanti de’ suoi soldati. Riferito ciò a Severo, non vi volle altro, perchè egli il facesse tosto ammazzare, con dar poi quel posto ad un semplice soldato appellato Valerio, stato accusatore dello stesso Crispo. L’altro fu Leto, quel medesimo che già vedemmo principal autore della vittoria riportata da Severo contra di Albino; L’amavano forte i soldati, e perchè un dì non voleano combattere, se non erano guidati da lui, tal gelosia prese Severo per cagione di tanta parzialità mostrata da quella gente al suo generale, che a lui fece torre la vita. Dione ci rappresenta questo personaggio per uomo di rara prudenza negli affari civili, e di non minor prodezza nei militari, con attribuire l’indegna sua morte, non già all’aver egli meditato de’ tradimenti