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11 ANNALI D'ITALIA, ANNO III. 12

preghiere della madre e del medesimo Augusto, ritirossi Tiberio nell’isola di Rodi, e qui per sette anni in vita privata si fermò. Sazio finalmente di questo volontario esilio, che avea dato occasione di molte dicerie agli sfaccendati politici, fece istanza di ritornarsene a Roma in quest’anno per mezzo della madre. Volle Augusto prima intendere, se a Cajo Cesare fosse rincresciuto il di lui ritorno, perchè i dissapori seguiti fra loro non erano cose ignote. Per buona ventura essendosi allora scoperto, che Lollio, poco fa mentovato, quegli era che seminava zizzanie fra Tiberio ed i figliastri, Caio si mostrò contento che il padrigno rivedesse Roma. Venuto Tiberio, attese da lì innanzi coll’aiuto della madre a promuovere i proprii interessi. E questi presero tosto buona piega per la sopr’accennata morte di Lucio Cesare, non restando più fra i vivi se non il solo Cajo Cesare, cioè quel solo che impediva a Tiberio il poter succedere nello imperio ad Augusto suo padrigno. Cominciò1 in quest’anno, se pur non fu nel seguente, anche in Germania una guerra, di cui parleremo all’anno V dell’Era cristiana.


Anno di Cristo iii. Indizione vi.
Augusto imperadore 47.


Consoli

L. Elio Lamia e M. Servilio.


Perchè son perite le storie antiche in questi tempi, mancano a noi le memorie di quanto allora avvenne in Roma e in Italia. Forse anche la mirabil quiete che per opera d’Augusto si godea in queste parti, niun avvenimento produsse assai riguardevole per comparir nella Storia romana. Rimasto senza aio in Soria Cajo Cesare per la morte di Lollio2, Augusto non volendo lasciare la di lui giovanile età senza direzione e briglia, mandò per governatore di lui Publio Sulpicio[p. 12] Quirinio. Questi è quel medesimo che nel Vangelo di s. Luca è appellato Cirino, e che negli anni addietro avea fatta la descrizione degli abitanti della Giudea: nel qual tempo venne alla luce del mondo il nostro Signor Gesù Cristo, senza sapersene finora con certezza l’anno preciso. Ora Cajo Cesare, che nell’anno prossimo passato3 avea conchiusa la pace coi Parti, ed era penetrato sino nell’Arabia, si diede in quest’anno a regolare gli affari dell’Armenia. Di là si erano ritirate le milizie ausiliarie de’ Parti, in vigor della pace suddetta; ma non per questo volentieri ritornarono all’ubbedienza de’ Romani quei popoli: e però sul principio fecero qualche resistenza; ma entrato con tutte le forze nel loro territorio Cajo Cesare, gli astrinse a deporre le armi. E poichè non si arrischiavano i Romani di ridurre in provincia un paese tanto lontano, ed avvezzo al governo de’ proprii re, fu scelto da Cajo per quella corona Ariobarzane, medo di nazione, e ben veduto dai medesimi Armeni, il quale dovette promettere una buona alleanza col popolo romano. A così felice successo, per cui Cajo acquistato s’era non poco di gloria, ne tenne dietro un funesto. Mal soddisfatto un certo Addo de’ Romani e del re novello, mosse a ribellione Artagera, una delle primarie città dell’Armenia4. Corso con tutta la sua armata Cajo ad assediar quella città, troppo credendo al ribello Addo, si lasciò condurre ad abboccarsi con lui. Nel mentre ch’egli leggeva un memoriale, datogli dallo stesso Addo, proditoriamente fu ferito da lui, o da chi era con lui, e con pericolosa ferita. Per tale iniquità irritate al maggior segno le legioni romane, più vigorosamente che mai strinsero la città, l’espugnarono, la ridussero in un mucchio di pietre. Il traditore Addo ebbe anch’egli la meritata pena.

  1. Vellejus, Historiar. lib. 2.
  2. Tacitus, lib. 3 Annal.
  3. Vellejus, lib. 2. Florus, lib. 4, c. 4. Tacitus, lib. 22. Ann.
  4. Dio. in Hist. Strabo., lib. 2. Vellejus. ut supra. Ruffus, Festus, in Breviar.