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il secondo console, il cui cognome in tutti i fasti è Quintillo. Vedemmo di sopra all’anno 159 console Marco Plautio Quintillo. Questi forse fu suo figliuolo, e portò i medesimi nomi. S’aggiunge l’aver alquanto del pellegrino nell’iscrizione gudiana quel GENIS DEF. ET HERCVLI CVSTODI DELVBR. CAPIT. Abbiamo dunque il primo consolato di Commodo figliuolo di Marco Aurelio, al quale nell’anno presente (altri credono nel seguente) il padre diede1360 per moglie Crispina figliuola di Bruttio Presente, personaggio stato già console. Le nozze furono celebrate alla maniera de’ privati: e, ciò non ostante, egli volle rallegrare il popolo con un nuovo congiario. Di ciò v’ha qualche vestigio in una medaglia1361, dove è segnata la Liberalità VIII d’esso Augusto, ma può dubitarsi se sia ben copiata. Nel tempo ch’esso imperadore si fermò in Roma, levò via vari abusi civili. Moderò le spese che si faceano nei giuochi dei gladiatori. Osserva Dione1362 una particolarità, sempre più comprovante quanto egli fosse alieno dallo spargimento del sangue. Era impazzito il popolo romano dietro ai gladiatori; quanto più sanguinosi erano i lor combattimenti, tanto maggior piacere ne provavano i Romani. Marco Aurelio ordinò che adoperassero nelle lor battaglie spade senza punta e senza taglio, acciocchè si facessero onore colla destrezza, ma non già coll’ammazzarsi. Fece ancora dei regolamenti per correggere il soverchio lusso e la troppa libertà delle matrone e dei giovani nobili. Stese1363 eziandio la sua liberalità a tutte le provincie, con rimettere ad ognuno i debiti che avevano coll’erario, non men suo che della repubblica, e in mezzo alla piazza maggiore di Roma bruciò le carte delle loro obbligazioni. Pareva intanto, che per la pace riportata a Roma da Marco Aurelio, tutti si promettessero una durevol serenità, quando si scompigliarono di nuovo gli affari della Germania, se pur questi si erano mai acconciati daddovero. Sappiamo da Dione1364, che i Quadi, dappoichè l’imperadore fu passato in Oriente, si burlarono degli accordi fatti con lui. Deposero essi il re, verisimilmente dato loro dal medesimo Augusto, ed alzarono al trono Ariogeso. Al vedere Marco Aurelio sprezzata così l’imperiale autorità, e violati i patti, contra il suo solito andò sì fattamente in collera che mise fuori una taglia, promettendo mille scudi d’oro a chi gli desse vivo in mano Ariogeso, e cinquecento a chi gliene portasse la testa. Vero è nondimeno che essendogli poi riuscito di averlo prigione, altro male non gli fece, che di mandarlo in esilio ad Alessandria. Qualche altra turbolenza maggiore dovette accadere al Danubio, e tale ch’egli spedì (a mio credere nell’anno presente) a que’ romori i due Quintilii, uomini amendue di molto volere e di non minore sperienza nella guerra. Ma perchè nulla profittavano essi, anzi doveano camminar poco bene gli affari di essa guerra, nell’anno seguente credette l’infaticabile Augusto necessaria la sua persona a quell’impresa, ed egli stesso vi andò, siccome vedremo. Crede il padre Pagi1365 rotta solamente nel seguente anno la pace e ricominciata la guerra; ma ben più verisimile è che ciò avenisse nell’anno presente, perchè Dione riconosce che i due Quintilii aveano prima comandata in quelle parti l’armata, nè riusciva loro di mettere al dovere que’ Barbari: il che non si potè fare in poco tempo. Secondo Dione, questa seconda guerra non fu contro i Germani, ma bensì contro gli Sciti. Capitolino all’incontro asserisce1366, che Marco Aurelio di nuovo guerreggiò
no match
coi Marcomanni, Hermunduri, Sarmati e Quadi.