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era stato spedito Severiano, forse governatore della Cappadocia, colle forze ch’egli avea in quelle parti, in aiuto dell’Armenia. Secondo il pazzo rito de’ superstiziosi e troppo crudeli d’allora, volle egli prima consultare nella Paflagonia Alessandro, famoso impostore, che in questi tempi si spacciava profeta, ed ebbe poi Luciano1222 scrittore della di lui infame vita. Il furbo gli predisse delle vittorie. Con questo dolce in bocca andò Severiano, menando seco più d’una legione, a portarsi in Elegia città dell’Armenia. Ma eccoti comparire un nuvolo di Parti, che per tre giorni tennero bloccata da ogni parte l’armata romana, e in fine con una pioggia di strali la disfecero interamente, lasciandovi la vita anche tutti i capitani. Se non falla Capitolino1223, questa sciagura arrivò ai Romani, fin quando Lucio Vero Augusto, postosi in cammino verso l’Oriente, si dava bel tempo nella Puglia, andando a caccia, e perdendo il tempo. Per conseguente dovrebbe tal fatto appartenere all’anno precedente 162. Fiero per tal vittoria Vologeso re dei Parti, rivolse le armi contro la Soria, dove era governatore Attidio Corneliano. Quivi ancora venuto alle mani coll’esercito romano, lo mise in rotta, spandendo con ciò il terrore e i saccheggi per tutte quelle contrade. Nè andò esente da sì fatti danni la provincia della Cappadocia. Sembra che tal disavventura accadesse nel precedente anno. Giunto era ad Antiochia, come dicemmo, capitale della Soria, Lucio Vero Augusto1224; e invece di attendere all’importante affare, per cui s’era mosso, quivi tutto si diede in preda ai piaceri, anche più infami, nel lusso, nei conviti e in ogni sorta di libidine. Non avea più il maestro a lato che gli tenesse gli occhi addosso, nè gli legasse le mani. Doveva andare in persona, come desiderava l’Augusto suo fratello, a procacciarsi gloria nelle armi, ed egli ad altro non pensava che ad appagare ogni sfrenata sua voglia. Tutto quel che fece, fu spedire gran gente e dei bravi generali contra dei Parti, e questi principalmente furono Stazio Prisco, Avidio Cassio (che vedremo a suo tempo ribello) e Marzio Vero, lodati ancora da Dione1225 pel loro valore. Sembra che si possa dedurre dalle medaglie1226, che in quest’anno i Romani riportassero qualche vantaggio nell’Armenia, o ne ricuperassero una parte; ma non dovette esser gran cosa. Avea già Marco Aurelio promessa in moglie a Lucio Vero la sua figliuola Lucilla. Secondo i conti del padre Pagi1227, in questo anno se ne effettuarono le nozze1228. Condotta questa principessa dal padre sino a Brindisi, fu poi trasferita ad Efeso, dove si portò Lucio Vero a prenderla. E vi si portò per concerto fatto prima; imperciocchè Marco Aurelio avea detto in senato di volerla egli stesso condurre fino in Soria; ma Lucio Vero si esibì di venire a riceverla ad Efeso per timore che se il fratello arrivasse ad Antiochia, non iscoprisse tutti i segreti della scandalosa sua vita. Avea il buon imperadore Marco Aurelio, per esentare i popoli dagli aggravi, spediti prima degli ordini alle provincie, che non si facessero incontri alla figliuola. Ma più verosimile sembrerà che nell’anno susseguente succedesse il viaggio di Lucilla, a cui fu conferito il titolo di Augusta; perchè Marco Aurelio se ne tornò in fretta da Brindisi a Roma, per ismentire le dicerie sparse, ch’egli volesse passare in Soria affin di levare al fratello e genero la gloria di terminar quella guerra. E pure finquì non abbiamo inteso alcun tale prospero successo delle armi romane in quelle
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parti, onde potesse Marco Aurelio portar invidia a Lucio Vero.