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459 | ANNALI D'ITALIA, ANNO CXXVIII. | 460 |
fattone da alcuni accreditati scrittori, egli saporitamente ridendo, loro rispose: Trattandosi di uno che ha trenta legioni al suo comando, non volete voi ch’io il creda più dotto di me? Ma cadde egli in fine dalla grazia di Adriano, perchè non sapea questo capriccioso e volubile Augusto sofferir lungamente chi potea far ombra al preteso suo universal sapere. E se n’avvide Favorino, allorchè fu per trattare una sua causa davanti a lui, pretendendo l’esenzione dal sostenere le cariche della sua patria Arles nella Gallia. Conobbe assai, che Adriano era per dargli la sentenza contro; e però quando si credea ch’egli venuto al contradditorio perorasse per la sua pretensione, altro non disse, se non che apparitogli la notte in sogno il suo maestro (forse Dione Grisostomo) l’avea esortato a non lasciarsi increscere di far quello che faceano gli altri suoi concittadini. Aveano gli Ateniesi eretta a quel filosofo una statua. Inteso ch’egli era decaduto dal favore di Adriano, corsero ad abbatterla1. Ne fu portata la nuova a Favorino, ed egli senza punto scomporsi, rispose: Avrebbe ben voluto Socrate essere trattato dagli Ateniesi a così buon mercato. Anche Dionisio da Mileto, eccellente sofista, godè un tempo della grazia di Adriano; ma perchè un giorno gli scappò detto ad Eliodoro segretario delle lettere di esso imperadore; Cesare ti può ben caricar di onori e di ricchezze, ma non ti può far divenire oratore, Adriano l’ebbe da lì innanzi in odio. Per altro questo imperadore, siccome ho detto di sopra, s’intendeva di tutte le arti e scienze, e lasciò scritti vari libri, di dicitura per lo più scura ed affettata, ed uno massimamente della sua vita. Ma usava di pubblicarli sotto nome de’ suoi liberti, uno de’ quali fu Flegonte, di cui tuttavia resta un’operetta degli Avvenimenti maravigliosi, e che compose molti altri libri.
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Anno di | Cristo CXXVIII. Indizione XI. Teleforo papa 2. Adriano imperadore 12. |
Consoli
Lucio Nonio Asprenate Torquato per la seconda volta, e Marco Annio Libone.
Fu quest’Annio Libone zio paterno di Marco Aurelio, poscia imperadore, come si ricava da Giulio Capitolino2. Seguitando quella poca traccia che dei viaggi di Adriano ci ha lasciato Sparziano3, possiam credere ch’esso Augusto nell’anno presente da Atene ripassasse nell’Asia, per osservare se ivi ancora erano stati eseguiti gli ordini suoi, e perfezionate le fabbriche e i lavori da lui nel primo suo viaggio disegnati. In fatti vi fece la consecrazione di molti templi, appellati di Adriano. Andò nella Cappadocia, e quivi raunò gran copia di servi o sia schiavi per servigio delle armate, e non già per farli soldati. A tutti i re e principi barbari di quelle vicinanze fece sapere il suo arrivo, per confermar la buona amicizia con tutti. Molti di essi vennero ad attestargli il loro ossequio, e Adriano li trattò e regalò così generosamente, che si trovarono ben pentiti coloro i quali ebbero difficoltà di venire ad inchinarlo. Più degli altri se ne pentì Farasmane, probabilmente re dell’Iberia, che con insolente alterigia avea ricusato di comparire davanti a lui. Tuttavia Sparziano più di sotto scrive, che Adriano fece dei gran donativi a molti di quei re, comperando la pace dalla maggior parte di essi; ma verso niuno fu così liberale, come verso il re dell’Iberia, al quale, oltre ad altri magnifici regali, donò un lionfante e una coorte di cinquecento uomini d’armi. Farasmane anch’egli dal canto suo gl’inviò de’ superbi donativi, e fra essi delle vesti di tela d’oro. Ma Adriano, per deridere i di lui regali, or-
- ↑ Philostratus, in Sophistis.
- ↑ Capitolinus, in Marco Aurelio.
- ↑ Spartianus, in Hadriano.