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449 ANNALI D'ITALIA, ANNO CXXII. 450

colla sua liberalità quanti bisognosi a lui ricorsero. Certo è che questo suo genio ambulatorio tornava in profitto delle provincie1 dove egli arrivava; imperocchè a guisa di un ispettore s’informava co’ suoi occhi, e col saggio esame delle cose, se i magistrati faceano il lor dovere, oppur mancavano alla giustizia, e quali fossero gli abusi, per rimediare a tutto; nel che maravigliosa era non meno la di lui attività e provvidenza, che la sua costanza in degradare o punire in altre forme i delinquenti. Volea saper tutte le rendite e gli aggravi delle città; visitava tutte le fortezze, per osservare se erano ben tenute e munite, ordinando che si provvedesse quel che mancava, distruggendo ciò che non gli piacea, e comandando, se occorreva, delle fabbriche nuove in altri siti. Dalla Gallia passò nella Germania romana. A que’ confini distribuito stava a quartiere il maggior nerbo delle milizie romane sempre all’ordine per opporsi ai Germani non sudditi, i quali più che altra nazione furono sempre temuti e rispettati dai Romani. Era Adriano, quanto altri mai, peritissimo dell’arte militare, e sembra ch’egli anche ne componesse un libro, come altrove ho io accennato2. Adunque senza perder tempo, si applicò alla visita de’ luoghi forti, esaminando le fortificazioni, l’armi, le macchine militari; e come se fosse imminente la guerra, diede la mostra a tutte quelle legioni, e premiò e promosse a gradi superiori chi sel meritava; fece far l’esercizio a tutti. Trovati moltissimi abusi introdotti nella milizia per trascuratezza dei principi e generali precedenti, si mise al forte, per rimettere in piedi l’antica disciplina romana fra que’ soldati. Diede ordini bellissimi intorno a varii impieghi degli uffiziali, e alle spese che si facevano. Levò via dagli alloggiamenti de’ soldati (che erano obbligati ad abitar sotto le tende alla[p. 450] campagna) i portici, i pergolati, le grotte ed altre delizie. Niuno de’ soldati senza giusta cagione potea uscire del campo. Per divenir centurione (noi diremmo capitano) bisognava aver buona fama e robustezza di corpo. Essere non potea tribuno (noi diremmo colonnello) se non chi era giunto ad una perfetta giovanezza, accompagnata inoltre dalla prudenza. Lecito non era ai tribuni l’esigere o ricevere alcun dono o danaro dai soldati. E per conto de’ medesimi soldati disaminò attentamente le loro armi, il lor bagaglio, la loro età, acciocchè niuno prima degli anni diecisette fosse assunto alla milizia, nè fosse tenuto a militar più di trenta, se non voleva. Nell’esattezza della disciplina precedeva egli a tutti, animando col proprio esempio le sue leggi. Mangiava in pubblico, altro cibo non prendendo che l’usato dai soldati gregari, cioè lardo, cacio e posca, o sia acqua mischiata d’aceto. Talvolta armato fece venti miglia a piedi; bene spesso usava vesti dimesse, non dissomiglianti da quelle de’ soldati. L’usbergo suo era senza oro, le fibbie senza gemme, di avorio solamente il pomo della spada. Visitava i soldati infermi; disegnava i siti degli accampamenti; sopra tutto badando che non si comprassero robe inutili, nè si desse a mangiare a persone oziose. Da questo poco si può comprendere la saviezza degli antichi Romani nel ben disciplinare la loro milizia.

Sbrigato della Germania Adriano, si crede che nell’anno stesso, cioè come io vo congetturando, nel presente passasse alla visita della gran Bretagna3. Quivi ancora trovò molti abusi, e li corresse. Erano i Romani in possesso di buona parte di quell’isola; ma nel principio del governo di Trajano vi era stata qualche ribellione o tumulto in quelle parti. Certo è che la parte settentrionale non ubbidiva all’aquile romane. Per assicurarsi dunque Adriano dagl’insulti di

  1. Dio., lib. 69.
  2. Antiquit. Italicar., tom. 2, Dissert. 26.
  3. Spartianus, in Hadriano.