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447 ANNALI D'ITALIA, ANNO CXXII. 448

Augusta, nipote di Trajano, compartì ogni possibil onore, allorchè si faceano i giuochi de’ gladiatori, e in altre occorrenze. Ebbe sempre in sommo onore Plotina Augusta, vedova di Trajano, da cui conosceva l’imperio. E a lei defunta fece un suntuoso scorruccio. Gran rispetto ancora mostrava ai consoli, sino a ricondurli a casa terminati ch’erano i giuochi circensi. Anche con la più bassa gente parlava umanissimamente, detestando i principi che colla loro altura si privano del contento di mandar via soddisfatte di sè le persone. Con queste azioni prive di fasto, piene di clemenza1, si procacciava l’affetto del pubblico; e lodavasi nel medesimo tempo la continua sua attenzione al buon governo; la sua magnificenza nelle fabbriche; la sua provvidenza ne’ bisogni occorrenti, e specialmente nel mantenere l’abbondanza de’ viveri al popolo. Assaissimo ancora piaceva il non esser egli vago di guerre, che d’ordinario costano troppo ai sudditi. Tanto le abborriva egli, che se ne insorgeva alcuna, più tosto si studiava di aggiustar le differenze coi negoziati, che di venir all’armi. Non confiscò mai i beni altrui per via d’ingiustizie; troppo si pregiava egli di donare il suo ad altri, non già di far sua la roba altrui. In fatti grande fu la sua liberalità verso moltissimi senatori e cavalieri; nè aspettava egli d’essere pregato; bastava che conoscesse i lor bisogni per correre spontaneamente a sovvenirli. Se gli poteva parlare con libertà, senza ch’egli se l’avesse a male. Avendogli una donna dimandata giustizia, rispose di non aver tempo di ascoltarla. Perchè siete voi dunque imperadore? gridò la donna. Fermossi allora Adriano, con pazienza l’ascoltò, e la soddisfece. Un dì ne’ giuochi de’ gladiatori al popolo non piacea quel che si facea, e con importune grida dimandava all’imperadore, che se ne facesse un altro. Comandò Adriano all’araldo che gli era vicino,[p. 448] di dire imperiosamente al popolo che tacesse, come solea far Domiziano. Ma l’araldo fatto cenno al popolo di dovergli dir qualche parola a nome del regnante, altro non disse se non: Quel che ora si fa, è di piacere dell’imperadore. Non si offese punto Adriano, che l’araldo avesse contro l’ordine suo parlato con tal mansuetudine al popolo, anzi il lodò d’aver così fatto. Credesi ch’egli in quest’anno fabbricasse un circo in Roma. Comincia il Tillemont2 nell’anno 120 i viaggi di Adriano fuori di Italia; il Pagi3 nell’anno 121. Io mi riserbo di parlarne all’anno seguente.


Anno di Cristo CXXII. Indizione V.
Sisto papa 6.
Adriano imperadore 6.


Consoli


Manio Acilio Aviola, e Cajo Cornelio Pansa.


Per accertar gli anni precisi, ne’ quali Adriano Augusto imprese ed eseguì tanti suoi viaggi, non ci ha provveduti la storia di lumi sufficienti. Nè occorre volgersi alle medaglie, nelle quali veramente sono accennati questi suoi viaggi, perchè esse non ritengono vestigio del tempo. L’Occone e il Mezzabarba4 le han distribuite a tentone per varii anni, senza poterne addurre il perchè. Sia dunque lecito a me il tener qui con esso Mezzabarba e col Bianchini5, che in quest’anno cominciasse Adriano a viaggiare. Parte per curiosità, e parte per farsi rinomare, si era egli messo in testa di voler visitare tutto il vasto imperio romano; cosa non mai fatta da alcuno de’ predecessori. Venne dunque, a mio credere, nell’anno presente per l’Italia, e passò nella Gallia6, dove delle sue azioni altro non si sa, se non che sollevò

  1. Dio., lib. 69.
  2. Tillemont, Mémoires des Empereurs.
  3. Pagius, Crit. Baron.
  4. Mediobarbus, in Numism. Imperat.
  5. Blanchinius ad Anastasium.
  6. Spartianus, in Hadriano.