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439 ANNALI D'ITALIA, ANNO CXIX. 440

buite le azioni di Adriano e di molti altri susseguenti imperadori, possiamo ben rapportar con sicurezza ciò che operarono, ma non già accertarne i tempi. Le stesse medaglie mancano in questi tempi di note cronologiche, perchè non vi si esprime, se non in generale, la podestà tribunizia e il consolato terzo, ripetuto sempre ne’ susseguenti anni, perchè egli più non fu da lì innanzi console. Diede (forse nel precedente e non meno nel presente) dei sollazzi al popolo romano, troppo vago degli spettacoli, correndo il suo giorno natalizio, cioè1 il combattimento de’ gladiatori, e molte cacce di fiere. Giorni vi furono, ne’ quali cento lioni ed altrettante lionesse restarono uccisi. Tanto nel teatro che nel circo, dove si fecero altri giuochi, sparse dei doni separatamente agli uomini e alle donne. E perciocchè regnava in Roma l’abbominevole abuso, che nel medesimo bagno e nello stesso tempo si andavano a lavar uomini e donne, proibì così enorme indecenza. Durò2 il suo consolato dell’anno presente solamente i primi quattro mesi, senza che si sappia chi gli fosse sostituito in quella dignità. Ed allora attese ad ascoltar e decidere le cause, che erano portate al senato. Meglio regolò le poste, acciocchè i magistrati delle provincie non avessero l’incomodo di provveder le vetture ai bisogni. Ordinò che da lì innanzi le pene dei condannati non si pagassero al fisco, cioè alla camera cesarea, ma bensì all’erario della repubblica. Accrebbe gli alimenti ai fanciulli e alle fanciulle orfane povere per tutta l’Italia, ampliando la bella istituzione che aveano dinanzi fatto i buoni imperadori Nerva e Trajano. Ai senatori, che senza lor colpa aveano sminuito molto del patrimonio che si esigeva per essere di quell’ordine eminente, diede egli il supplemento con pensioni ben pagate finchè egli visse. Per le spese occorrenti nell’ingresso[p. 440] delle cariche a molti suoi amici poveri somministrò un buon aiuto di costa, e ciò fece ancora con alcuni che nol meritavano. Sovvenne ancora molte nobili donne, alle quali mancava il modo onesto di sostentar la vita. Scelse i più accreditati dell’ordine senatorio per i suoi domestici e familiari, e li teneva alla sua tavola. Fuorchè nel giorno suo natalizio, ricusò i giuochi circensi, che in altri tempi volle il senato decretare in onore di lui. Spesse volte ancora, parlando al senato e al popolo, protestò di voler far conoscere nel suo governo, ch’egli procurava il ben pubblico, e non già il proprio.

La cronica di Alessandria mette sotto questi consoli l’andata di Addano a Gerusalemme3, per quietare i tumulti eccitati dai Giudei anche in quelle parti. Prese, se vogliam credere a quello storico, la città di Terebinto, e vendè schiavi al pubblico i Giudei quivi trovati. Atterrò il tempio di Gerusalemme; fabbricò ivi due piazze, un teatro ed altri edifizii. Divise quella città in sette rioni coi lor soprantendenti, ed abolito il nome di Gerusalemme, volle che quella città dal suo si chiamasse Elia. Anche Eusebio4 qualche cosa di ciò parla all’anno presente; e il padre Pagi5 tien per fermo che allora seguisse il viaggio suddetto di Adriano, e che Gerusalemme fosse da lui rifabbricata. Ma non è l’autore della cronica alessandrina di tal peso, da dovergli tosto prestar fede in questo punto di cronologia, quando Dione e Sparziano nulla di ciò dicono verso i tempi presenti; e quello scrittore patentemente s’inganna in attribuire ad Adriano la distruzione del tempio accaduta nella guerra di Tito. Non è perciò, a mio credere, assai sussistente il viaggio colà di Adriano in questi tempi. Possiamo bensì tenere, che nell’anno presente i sediziosi Giudei facessero qualche movimento,

  1. Dio., lib. 69.
  2. Spartianus, in Vita Hadriani.
  3. Chr. Paschale, tom. I, Histor. Byzantin.
  4. Eusebius, in Chron.
  5. Pagius, in Critic. Baron.