Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/22

XXIII VITA DI L. ANTONIO MURATORI XXIV

mediche, se vi fu chi la opinion sua sulla origine delle pestilenze disapprovò, l’insigne professore di medicina in Torino, Carlo Richa, ne prese la difesa. Le matematiche discipline soltanto furono quelle, a cui, come que’ due lumi primari della letteratura francese, il Bossuet ed il Fenelon, non volle mai applicare il Muratori, sia che temesse d’insuperbire, quando alle altre vaste sue cognizioni aggiunto avesse la parte più astrusa e recondita dell’umano sapere, sia che stimasse essere quegli studii incompatibili collo studio di altre facoltà da lui riputate più vantaggiose.

Compiuto egli avea intanto il settuagesimo settimo anno del viver suo, quando un fiero colpo di paralisia gli tolse prima la luce degli occhi, e quindi la vita nel giorno vigesimoterzo di gennaio dell’anno 1750. Placidamente riposò nel Signore tra le braccia del nipote ecclesiastico, dopo compiti tutti gli uffizi e ricevuti tutti i soccorsi della cristiana pietà. Fu il Muratori di statura ordinaria, ma quadrata, e che inclinava al pingue, di faccia colorita, di aspetto misto di gravità e di dolcezza; nel conversare affabile, cortese ed anche gioviale; a lui piaceva la gioventù onestamente lieta. Del rimanente candido, sincero, modesto, frugale, di singolare prudenza dotato, alle morali congiungea le cristiane virtù. Invitato a Padova in modo onorevolissimo, ed a Torino con offerta di pingue stipendio e con tutti gli agi dal marchese di Ormea, mai non volle abbandonar la sua patria ed il servizio del principe suo signore, a cui sagrificò sempre ogni privato suo vantaggio. Di fatto amico di quell’anima ingenua e generosa di papa Benedetto XIV sin prima del pontificato, credesi che per gl’insigni meriti suoi verso la religione cattolica e per l’esemplarità de’ costumi lo avrebbe fregiato della sacra porpora, se non avesse temuto di recar dispia-