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371 ANNALI D'ITALIA, ANNO XCVII. 372

to1 vuole che venuto a Roma Apollonio Tianeo, gl’insinuasse di liberar la patria dalla tirannia di Domiziano, ma ch’egli non ebbe tanto coraggio. Aggiugne che Domiziano il mandò in esilio a Taranto; ed Aurelio Vittore2 scrive, che Nerva si trovava ne’ Sequani, cioè nella Franca Contea, allorchè trucidato fu Domiziano, e che per consentimento delle legioni prese l’imperio. Ben più credibile a noi sembrerà ciò che lasciò scritto Dione, cioè, che Domiziano, già da noi veduto persecutore di chiunque o per le sue buone qualità, o per relazion degli astrologi, era creduto potergli succedere nell’imperio, meditò ancora di levar Nerva dal mondo, e l’avrebbe fatto, se uno strologo amico di lui non avesse detto a Domiziano, che Nerva attempato e mal sano era per morire fra pochi giorni. Nè Dione parla punto di esilio; anzi suppone ch’egli si trovasse in Roma nel tempo dell’uccision di Domiziano, e che passasse di concerto coi congiurati, consentendo che si togliesse la vita a lui, giacchè senza di questo egli più non istimava sicura la propria. Estinto dunque il tiranno, fu alzato al trono cesareo Marco Coccejo Nerva, che certo non era lungi da Roma, per opera3 specialmente di Petronio Secondo prefetto del pretorio, e di Partenio principal autore della morte di Domiziano, con approvazione di tutto il senato e plauso del popolo. Ma eccoti alzarsi un rumore e una voce, che Domiziano era vivo, e fra poco comparirebbe4. Nerva di natural timido allora mutò colore, perdè la favella, nè più sapea in qual mondo si fosse. Ma Partenio, che coi suoi occhi avea veduto le ferite e gli ultimi respiri dell’estinto Domiziano, lo incoraggiò, e rimise in sella. Andò pertanto Nerva a parlare ai soldati per quietarli, e promise loro il donativo solito[p. 372] nell’assunzion de’ nuovi imperadori. Di là poscia passò al senato, dove ricevette gli abbracciamenti gioviali, e i complimenti cordiali di cadauno de’ senatori. Non vi fu se non Arrio Antonino, avolo materno di Tito Antonino poscia imperadore, suo sviscerato amico, il quale abbracciatolo gli disse, che ben si rallegrava col senato e popolo romano, e colle provincie per sì degna elezione, ma non già con lui; perchè meglio per lui sarebbe stato il vivere paziente sotto principi cattivi, che assumere un peso sì grave, ed esporsi a tanti pericoli ed inquietudini, col mettersi fra i nemici, che mai non mancano, e fra amici, i quali credendo di meritar tutto, se non ottengono quel che vogliono, diventano più implacabili degli stessi nemici. Contuttociò Nerva fattosi coraggio, prese le ridini del governo, e si accinse a sostener con decoro la sua dignità, siccome ancora a restituire al senato il primier suo decoro, e la quiete e l’allegria ai popoli. Vivente ancora Domiziano, e non per anche cessata la persecuzione da lui mossa a’ Cristiani, sant’Anacleto papa coronò la sua vita col martirio o nel precedente, o piuttosto nel presente anno; ed ebbe per successore nel pontificato romano Evaristo.


Anno di Cristo XCVII. Indizione X.
Evaristo papa 2.
Nerva imperadore 2.


Consoli


Marco Cocceja Nerva Augusto per la terza volta e Lucio Virginio Rufo per la terza.


Vari altri consoli l’un dietro l’altro si credono dall’Almeloven sostituiti in quest’anno, fra gli altri certo è che Cornelio Tacito istorico, siccome osservò anche Giusto Lipsio, succedette a Virginio, o sia Verginio Rufo. Tal notizia abbiamo da Plinio il giovane5. Era Virginio Rufo quel medesimo che nell’anno

  1. Philostrat. in Vita Apollonii, lib. 7.
  2. Aurel. Vict., in Epit.
  3. Eutrop., in Brev. Dio., lib. 68.
  4. Aurel. Vict. in Epit.
  5. Plinius, lib. 2, ep. I.