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363 ANNALI D'ITALIA, ANNO XCVI. 364

Gallie ed altri nei deserti della Scizia e della Libia. Dione Crisostomo, uomo insigne, se ne andò nel paese de’ Goti. Epitetto celebre Stoico, fu anch’egli obbligato a ritirarsi fuori di Roma. Amaramente si duol Tacito1 di questo crudele editto di Domiziano, perchè fu un bandire da Roma la sapienza ed ogni buono studio, acciocchè non vi rimanesse studio delle virtù, e vi trionfasse solamente la disonestà con gli altri vizii. Pare che a quest’anno appartenga, secondo Dione2, la morte di Acilio Glabrione, che fu console l’anno 91, fatto uccidere da Domiziano. Epafrodito, già potente liberto di Nerone, lungamente avea goduto gran fortuna anche nella corte di Domiziano, servendolo per segretario de’ memoriali3. Fu mandato in esilio, e condannato ora solamente a morte, perchè avea aiutato Nerone a darsi la morte, in vece d’impedirlo; il che fu fatto da Domiziano per atterrire i suoi domestici liberti, acciocchè non ardissero mai di far lo stesso con lui. Forse ancora è da riferire all’anno presente, o piuttosto al seguente, quanto avvenne, per attestato di Dione4, a Giuvenio Gelso, creduto da alcuni Publio Giuvenzio Celso, che fu poi pretore sotto Trajano, console sotto Adriano, e celebre giurisconsulto di que’ tempi. Fu egli accusato di aver cospirato contra di Domiziano. Prima che si venisse nel senato alle prove, fece istanza di parlare all’imperadore, perchè avea cose rilevanti da dirgli. Ottenuta la permissione, questo accorto uomo se gli gittò ginocchioni davanti come per adorarlo; gli diede cento volte il titolo di Signore e di Dio; protestò di essere innocente; ma che se gli volea dare un po’ di tempo, saprebbe ben pescare, ed indicargli chiunque avea mal animo contra di lui. Fu licenziato, ed egli dipoi andò tanto tirando innanzi[p. 364] con vari sutterfugi senza rivelar alcuno, che arrivò la morte di Domiziano, per cui sicuro poi se ne visse. Abbiamo dal medesimo Dione, che in questi tempi Domiziano fece lastricar la via che va da Sinuessa a Pozzuolo. Anche Stazio5 parla d’una simil via acconciata; ma questa forse andava da Roma a Baja.


Anno di Cristo XCVI. Indizione IX.
Evaristo papa 1.
Nerva imperadore 1.


Consoli


Caio Antistio Vetere e Caio Manlio Valente.


Erasi ben ridotta Roma ad un compassionevole stato sotto il crudele e tirannico governo di Domiziano. Non si sarebbe trovata persona nobile e benestante, che continuamente non tremasse al vedere tanti senatori, cavalieri ed altre persone, o private di vita o spinte in esilio o spogliate di beni6. Si univa bensì il senato, ma solamente per fulminar quelle sentenze che voleva il tiranno, o per autorizzar le maggiori iniquità. Ad ognuno mancava la voce per dire il suo sentimento; parlava quel solo che portava gli ordini dell’imperadore, e gli altri colla testa bassa, col cuor pieno di affanno, approvavano tacendo ciò che non osavano disapprovare parlando7. Esente non era da un pari timore il resto del popolo, perchè dappertutto si trovavano spioni, che raccoglievano, amplificavano, e bene spesso fingevano parole dette in discredito del principe; e bastava essere accusato, per essere condannato. Ma se Domiziano facea tremar tutto il mondo, anche tutto il mondo facea tremar Domiziano, chè questa è una pensione inevitabile dei tiranni, i quali col nuocere a tanti, e massimamente ai migliori e agli innocenti, sanno di essere in odio a tutti,

  1. Tacitus in Vita Agricolae, cap. 2.
  2. Dio., lib. 67.
  3. Sueton. in Domitiano, cap. 14.
  4. Dio., lib. 67.
  5. Statius Sylvar. lib. 4, cap. 3.
  6. Plinius in Panegyrico, et lib. 7, Epist. 14.
  7. Tacitus in Vita Agricolae, cap. 2.