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345 ANNALI D'ITALIA, ANNO XC. 346

dovunque passava sulle terre dell’imperio, non pareva il principe ben venuto, ma un nemico ed un assassino: tante erano le gravezze che imponeva ai popoli, tante le rapine, gl’incendi, ed altri disordini che commettevano le sue milizie, braccia cattive di un più cattivo capo.


Anno di Cristo XC. Indizione III.
Anacleto papa 8.
Domiziano imperadore 10.


Consoli


Flavio Domiziano Augusto per la quindicesima volta e Marco Coccejo Nerva per la seconda.


Nerva console, quegli è che a suo tempo vedremo imperadore. Siccome il cardinal Noris ed altri mettono la seconda guerra dacica prima di quel ch’io abbia supposto, così credono che Domiziano celebrasse nell’anno 88, o pure nel precedente, il secondo suo trionfo dei Daci, e prendesse il titolo di Dacico. Eusebio1 lo differisce sino all’anno seguente. Io sto col padre Pagi2, che riferisce quel trionfo al presente anno. Su tal supposto adunque, fu in quest’anno, per attestato di Dione3, che Domiziano solennizzò in Roma le sue glorie con magnifiche feste e spettacoli. Si fecero nel Circo vari combattimenti a piedi e a cavallo, e in un lago fatto a posta una battaglia navale, in cui quasi tutti i combattenti restarono morti. Levossi inoltre durante quello spettacolo un fiero temporale con pioggia, che quasi ebbe ad affogare gli spettatori. Domiziano si fece dare il mantello di panno grosso, ma non volle che gli altri mutassero veste, nè che alcuno uscisse, di maniera che tutti inzuppati d’acqua, contrassero poi delle malattie, per cui molti morirono. A consolar poi il popolo per tal disgrazia,[p. 346] trovò lo spediente di dargli una cena a lume di fiaccole; e per lo più fu suo costume di eseguire i pubblici divertimenti in tempo di notte. Ma specialmente fece egli comparire il suo fantastico cervello in un convito notturno, al quale invitò i principali dell’ordine senatorio ed equestre. Fece addobbar di nero tutte le stanze del palazzo, mura, pavimento e soffitte, con sedie nude. Invitati i commensali, cadaun vide collocata vicino a sè una specie d’arca sepolcrale, col suo nome scritto in essa, e con una lucerna pendente, come ne’ sepolcri. Sopravvennero fanciulli tutti nudi e tinti di nero, ballando intorno ad essi, e portando vasi, simili agli usati nelle esequie dei morti. Cadauno de’ convitati si tenne allora spedito, e tanto più perchè tacendo ognuno, il solo Domiziano d’altro non parlava che di morti e di stragi. Dopo sì gran paura furono in fine licenziati; ma appena giunti alla loro abitazione, ecco che parecchi di loro son richiamati alla corte. Oh allora sì che crebbe in essi lo spavento; ma in vece d’alcun danno, riceverono poi da Domiziano qualche dono in vasi d’argento, o in altri preziosi mobili. Tali furono i sollazzi bizzarri dati da Domiziano alla nobiltà in occasione del suo trionfo. Nondimeno il popolo comunemente dicea, che questo era non già un trionfo, ma un funerale de’ Romani nella Dacia, ovvero in Roma estinti. Dopo questi trionfi la vanità di Domiziano, che studiava ogni dì qualche novità, volle che il mese di settembre da lì innanzi s’appellasse Germanico4, e l’ottobre Domiziano, per non essere da meno di Giulio Cesare e di Augusto; e ciò perchè nel primo avea conseguito il principato, ed era nato nel secondo. Ma non durò più della sua vita questo suo decreto. Non si sa mai capire, come Eusebio5 scrivesse, che molte fabbriche furono terminate in Roma

  1. Euseb. in Chron.
  2. Pagius in Critica Baron. ad hunc Ann.
  3. Dio., lib. 67.
  4. Sueton. in Domitiano, cap. 13. Plutarchus in Num.
  5. Euseb. in Chron.