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327 ANNALI D'ITALIA, ANNO LXXXII. 328

rire più presto. Quel ch’è certo, non era per anche morto Tito, che Domiziano corse a Roma, guadagnò i soldati del pretorio, e si fece proclamar imperadore colla promessa di quel donativo, che Tito avea loro dato nella sua assunzione all’imperio.

Tale fu il fine di questo amabile imperadore, mancato di vita nel dì 13 di settembre1, e nell’anno quarantesimo dell’età sua, dopo avere per poco più di due anni e due mesi tenuto l’imperio. Credettero alcuni politici d’allora, che fosse vantaggioso per lui l’essere tolto di vita giovane, siccome fu ad Augusto, l’essere morto vecchio. Perciocchè Augusto, sul principio del suo governo, fu costretto per la moltitudine de’ suoi nemici e delle frequenti sedizioni, a commettere non poche azioni crudeli e odiose; ed ebbe poi bisogno di gran tempo, se volle guadagnarsi il pubblico amore a forza di benefizii, per li quali morì glorioso. All’incontro meglio fu per Tito il mancar di buon’ora, cioè in tempo che egli già era in possesso dell’amore di ognuno, perchè correa pericolo se fosse più lungamente vissuto, d’essere astretto a far cose che gliel facessero perdere. Volata a Roma la nuova di sua morte, fu per sì gran perdita inesplicabile il dolore di quel popolo, parendo ad ognuno di aver perduto un figliuolo o pure il padre. Altrettanto avvenne per le provincie romane. I senatori, senz’essere chiamati dai consoli o dal pretore, corsero alla curia, ed aperte le porte, diedero più lodi a lui morto, di quel che avessero fatto a lui vivo. Portato a Roma il suo cadavere, fecegli fare Domiziano il funerale, e registrarlo nel catalogo degli dii, ma senz’alcun altro degli onori, che Roma gentile soleva accordare agli altri imperadori, come giuochi annuali, templi e sacerdoti per eternare la loro memoria. Finquì Flavio Domiziano altro titolo non avea goduto, che quello di Cesare2, [p. 328]e di Principe della gioventù. Appena prese le redini del governo, che, siccome persona gonfia di vanità ed ambizione, volle dal senato tutt’i titoli ed onori, che altri imperadori partitamente aveano ricevuto, cioè quelli d’Imperadore, d’Augusto, di Pontefice Massimo, di Censore e di ornato della tribunizia podestà. Le medaglie ancora ci assicurano, che non tardò punto a voler anche il bel nome di Padre della Patria. Qual fosse il merito suo, quali i suoi pregi, lo vedremo all’anno seguente. Egli era nato nell’anno cinquantesimo dell’Era nostra; e però cominciò il suo reggimento in età giovanile; e diede il titolo d’Augusta a Domizia sua moglie.


Anno di Cristo LXXXII. Indizione X.
Cleto papa 6.
Domiziano imperadore 2.


Consoli


Flavio Domiziano Augusto per l’ottava volta e Tito Flavio Sabino.


Era questo Sabino console, cugino carnale di Domiziano, perchè figliuolo di Tito Flavio Sabino, fratello di Vespasiano, e prefetto di Roma, da noi veduto ucciso negli ultimi giorni di Vitellio Augusto. Avea già dato principio Domiziano imperadore al suo governo, non diversamente da alcuni suoi predecessori, buoni sulle prime, e nel progresso del tempo d’ogni crudeltà e scelleraggine macchiati3. Salito sul tribunale, posto in piazza, bene spesso ascoltava e decideva giudiciosamente e giustamente le liti. Cassò molte sentenze date dai giudici con indebita parzialità, dichiarando infami quei d’essi che si scoprivano aver preso danaro per vendere la giustizia4. Tanta attenzione ebb’egli anche nel resto dei suoi anni all’amministrazione di essa giustizia, non solo in Roma, ma anche nelle provincie, che, per attestato di

  1. Sueton., in Tito, cap. 10.
  2. Patin. Vaillant. Mediobarb. et alii.
  3. Sueton., in Domitiano, cap. 8.
  4. Aurelius Victor., in Epitome.