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275 ANNALI D'ITALIA, ANNO LXIX. 276

va nè lodava questo mostro se non le azioni di Nerone, e le imitava bene spesso, inclinando anche alla crudeltà, di cui rapporta Svetonio1 varii esempli; e se fosse sopravvissuto molto, forse sarebbe riuscito anche in ciò non inferiore a lui. La maniera di guadagnarlo soleva essere l’adulazione; ma siccome egli era timido e sospettoso, poco ci voleva a disgustarlo.

E fin qui abbiam veduto le due tragedie di Galba e di Ottone. Ora è tempo di passare alla terza. Di niuno più temeva Vitellio che di Flavio Vespasiano, generale dell’armi romane nella Giudea, dove si continuava la guerra con apparenza ch’egli fosse per assediar Gerusalemme. Allorchè gli venne la nuova che esso Vespasiano e Licinio Muciano, governator della Soria, il riconoscevano per imperadore, ne fece gran festa. Ed, in vero, sulle prime niuno mai s’avvisò che Vespasiano potesse arrivar all’imperio, nè egli vi aspirava, perchè bassamente nato a Rieti e mancante di danaro. Si raccontavano ancora molte viltà di lui nella vita privata; e Tacito2 ci assicura ch’egli si era tirato addosso l’odio e il dispregio de’ popoli; ma i fatti mostrarono poi tutto il contrario. Comunque sia, Dio l’aveva destinato a liberar Roma dai mostri, e a punire l’orgoglio de’ Giudei implacabili persecutori del nato Cristianesimo. Era egli per altro dotato di molte lodevoli qualità, perchè senza fasto, temperante nel vitto, amorevole verso tutti, e massimamente verso i soldati, che l’amavano non poco, ancorchè li tenesse in disciplina; vigilante e prudente, buono soldato e migliore capitano. Sopra tutto veniva considerato come amator della giustizia; la sua età era allora d’anni sessanta. Si può giustamente credere che dopo la morte di Galba i più saggi de’ Romani, al vedere che i due usurpatori Ottone e Vitellio, [p. 276]senza sapersi chi fosse il peggiore di loro, disputavano dell’imperio, rivolgessero i lor occhi e desiderii a Vespasiano, e segretamente ancora l’esortassero al trono. Flavio Sabino di lui fratello gran figura faceva anch’egli, coll’essere prefetto di Roma, e le sue belle doti maggiormente accreditavano quelle del fratello. O questo fosse, o pure che gli uffiziali e soldati di Vespasiano mirando quel che aveano fatto gli altri in Ispagna, Roma e Germania, non volessero essere da meno: certo è che si cominciò da essi a proporre di far imperadore Vespasiano. Quegli che diede l’ultima spinta all’irrisoluzione di esso Vespasiano, personaggio guardingo e non temerario, fu il suddetto Licinio Muciano governator della Soria, il quale dopo la morte di Ottone gli rappresentò, che non era sicura nè la comune lor dignità, nè la vita sotto quell’infame imperador di Vitellio. Si lasciò vincere in fine Vespasiano, ed essendo entrato nella medesima lega anche Tiberio Alessandro governator dell’Egitto, fu egli il primo a proclamarlo in Alessandria imperadore nel dì primo di luglio3; e lo stesso fece nel terzo giorno di esso mese anche la armata della Giudea, a cui Vespasiano promise un donativo, simile a quel di Claudio e di Nerone. La Soria, e tutte le altre provincie e i re sudditi di Roma in Oriente, e la Grecia alzarono anche esse le bandiere del novello Augusto. Furono scritte lettere a tutte le provincie dell’Occidente, per esortar ciascuno ad abbandonar Vitellio, usurpatore indegno del trono imperiale4. Si fece intendere ai pretoriani cassati da Vitellio, che questo era il tempo di farlo pentire; e veramente costoro arrolatisi in favor di Vespasiano, fecero di poi delle meraviglie contra di Vitellio.

Essendo così ben disposte le cose, e procacciate quelle somme di denaro che si poterono raccogliere per muovere le

  1. Sueton., in Vitellio, cap. 24. Dio., lib. 64.
  2. Tacitus, Histor., lib. 2, c. 97. Suetonius, in Vespasiano, c. 4.
  3. Joseph., de Bello Judaic., lib. 4.
  4. Tacitus, Historiar., lib. 2, cap. 82.