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261 ANNALI D'ITALIA, ANNO LXIX. 262

lì a non molto cangiarono faccia gli affari, siccome vedremo andando innanzi.


Anno di Cristo LXIX. Indizione XII.
Clemente papa 3.
Servio Sulpicio Galba imp. 2.
Marco Salvio Ottone imp. 1.
Flavio Vespasiano imperad. 1.


Consoli


Servio Sulpicio Galba imperad. per la seconda volta e Tito Vinio Ruffino

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Perchè Clodio Macro vicepretore dell’Africa si era anch’egli ribellato contra Nerone, e continuava a far delle estorsioni e ruberie, Galba nell’anno precedente ebbe maniera di farlo levar dal mondo1. Fu ancora accusato di meditar delle novità nella bassa Germania Fonteio Capitone, il qual pure vedemmo che avea riconosciuto Galba per imperadore. Vero o falso che fosse questo suo disegno, anch’egli fu ucciso, senza aspettarne gli ordini da Roma. Al comando di quell’armata2 inviò Galba, a suggestione di Vinio, Aulo Vitellio, uomo pieno di vizii, oppur creduto tale da non far bene nè male, e che, purchè potesse appagar la sua ingordissima gola, pareva incapace d’ogni grande impresa. Fu questa elezione il principio della rovina di Galba. Costui, pieno di debiti per aver troppo scialacquato sotto i precedenti Augusti, arrivò all’armata della Germania inferiore, e niuna viltà o bassezza lasciò indietro per conciliarsi l’amore di quelle milizie, senza gastigar alcuno, con perdonare e far buona ciera a tutti, e donar loro quel poco che potea. Avvenne che le legioni dimoranti nell’alta Germania, già irritate per l’abbassamento di Virginio Rufo, udendo le relazioni, accresciute molto nel viaggio, dell’avarizia e della crudeltà di Galba, cominciarono ad inclinar tutte alla sedizione; nè Ordeonio Flacco lor comandante, uomo [p. 262]vecchio, gottoso e sprezzato dai soldati, avea forza di tenerle in dovere. In fatti, benchè nel primo giorno di gennaio dell’anno presente, secondo il costume, giurassero, ma con istento, fedeltà a Galba, nel dì seguente misero in pezzi le di lui immagini, e giurarono di riconoscere qualunque altro imperadore che fosse eletto dal senato e popolo romano3. Tacito scrive che la ribellione ebbe principio nelle stesse calende di gennaio. Volò presto l’avviso di tal novità a Colonia, dove dimorava Vitellio, che ne seppe profittare, con far destramente insinuare ai suoi soldati della bassa Germania di elegger essi piuttosto un imperadore, che di aspettarlo dalle mani altrui. Non vi fu bisogno di molte parole. Nel dì seguente Fabio Valente, venuto colla cavalleria a Colonia, e tratto fuori di casa Vitellio, benchè in vesta da camera, l’acclamò imperadore. Poco stettero ad accettarlo per tale le legioni dell’alta Germania. Le città di Colonia, Treveri e Langres, disgustate di Galba, s’affrettarono ad esibir armi, cavalli e denaro a Vitellio. Accettò egli con piacere il cognome di Germanico: per allora non volle quello d’Augusto; nè mai usò quello di Cesare. Formò poi la sua corte; e gli uffizii, soliti a darsi dall’imperadore ai liberti, furono da lui appoggiati a cavalieri romani. Valerio Asiatico legato della Fiandra, per essersi unito a lui, divenne fra poco suo genero. E Giunio Bleso, governatore della Gallia lugdunense, perchè il popolo di Lione era forte in collera contra di Galba, seguitò anch’egli il partito di Vitellio con una legione e colla cavalleria di Torino.

Galba in questo mentre, il meglio che potea, attendeva in Roma al governo4, ma per la sua vecchiezza sprezzato da molti, avvezzi alle allegrie del giovane Nerone, e da molti odiato per la sua avarizia. Il potere nella sua corte

  1. Tacitus, Historiar., lib. I, cap. 7. Dio., lib. 64.
  2. Sueton., in Vitellio, cap. 7.
  3. Plutarc., in Galba. Tacit., Historiar., lib. 1, cap. 55.
  4. Tacit., Historiar., lib. I, cap. 12.