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245 ANNALI D'ITALIA, ANNO LXVII. 246


Anno di Cristo LXVII. Indizione X.
Clemente papa 1.
Nerone Claudio imperad. 14.


Consoli


Lucio Fontejo Capitone e Cajo Giulio Rufo


Seguendo le congetture di vari letterati, a s. Lino papa, che martire della Fede finì di vivere in quest’anno, succedette Clemente, personaggio che illustrò dipoi non poco la Chiesa di Dio. Ho riserbato io a parlar qui del viaggio fatto da Nerone in Grecia, benchè cominciato nell’anno precedente, per unir insieme tutte le scene di quella testa sventata. La natura, in mettere lui al mondo, intese di fare un uomo di vilissima condizione, un sonator di cetra, un vetturino, un beccaio, un gladiatore, un buffone. La fortuna deluse le intenzioni della natura, con portare costui al trono imperiale; ma sul trono ancora si vide poi prevalere l’inclinazion naturale1. Invanito egli delle tante adulatorie acclamazioni che venivano fatte in Roma alla soavità della sua voce, alla sua maestria nel suono e bravura nel maneggiar i cavalli stando in carretta: s’invogliò di riscuotere un egual plauso dalle città della Grecia, le quali portavano anche allora il vanto di fare i più magnifici e rinomati giuochi della terra. Perciò si mosse da Roma a quella volta con un esercito di gente, armata non già di lance e scudi, ma di cetre, di maschere e di abiti da commedia e tragedia. Con questa corte degna di un tal imperadore, comparve egli in quelle parti, astenendosi nondimeno dal visitare Atene e Sparta per alcuni suoi particolari riguardi. Fece nell’altre città in mezzo ai pubblici teatri, anfiteatri e circhi, da commediante, da sonatore, da musico, da guidator di carrette abbigliato, ora da servo, ora da donna, ed anche da donna partoriente, da Ercole, da Edipo e da altri simili [p. 246]personaggi. Le corone destinate per chi vinceva ne’ suddetti giuochi, tutte senza fallo toccavano a lui. Dicono che ne riportasse più di mille ottocento. Sì gli erano care, che arrivando ambasciatori delle città, per offerirgli i premii delle sue vittorie, questi erano i primi alla sua udienza, questi tenuti alla sua stessa tavola. Pregato da essi talvolta di cantar e sonare dopo il desinare, o dopo la cena, senza lasciarsi molto importunare, dava di mano alla chitarra, e gli esaudiva. Si mostrava ognuno incantato dalla sua divina voce: egli era il dio della musica, egli un nuovo Apollo; laonde ebbe a dire, non esservi nazione, che meglio della greca sapesse ascoltando giudicar del merito delle persone, e di aver trovato essi soli degni di sè e de’ suoi studi. Le viltà, le oscenità commesse da Nerone in tal occasione furono infinite; immensi i regali e le spese. Ma nello stesso tempo, per supplire ai bisogni della borsa, impoverì i popoli della Grecia, saccheggiò quei lor templi, a’ quali non per anche avea steso le griffe; confiscò i beni di assaissime persone, condannate a diritto e a rovescio. Mandò anche a Roma e per l’Italia Elio, liberto di Claudio, con podestà senza limite, per confiscare, esiliare ed uccidere fino i senatori; e costui il seppe servire di tutto punto, facendo da imperadore, senza essersi potuto conchiudere, chi fosse peggiore, o egli o Nerone stesso.

Volle questo forsennato imperadore, che i giuochi olimpici d’Elide, benchè si dovessero far prima, si differissero sino al suo arrivo in Grecia, per poterne riportare il premio. Colla sua carretta anch’egli entrò nel circo, ma cadutone ebbe ad accopparsi, e più giorni per tal disgrazia stette in letto. Con tutto ciò il premio a lui fu assegnato. Passava male per chi a lui non volea cedere2. Nei giuochi istmici un tragico, miglior musico che politico, perchè non ebbe l’avvertenza di desistere dal canto, per

  1. Dio., lib. 63. Sueton., in Nerone, cap. 22.
  2. Lucian., in Nerone.