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229 ANNALI D'ITALIA, ANNO LXIV. 230

di muovere l’armi contro de’ Parti, e gli furono inviati rinforzi di nuove truppe e reclute; laonde egli passò alla volta dell’Armenia. Tuttavia non ebbe dispiacere che venissero a trovarlo gli ambasciatori di Vologeso, per esortarli a rimettersi alla clemenza di Cesare. S’impadronì poi di varie castella, e diede tale apprensione ai Parti, che Tiridate fece premura di abboccarsi con lui. Mandati innanzi gli ostaggi romani, Tiridate comparve al luogo destinato; e veduto Corbulone, fu il primo a scendere da cavallo, e seguirono amichevoli accoglienze e ragionamenti, nei quali Tiridate restò di voler riconoscere dall’imperador romano l’Armenia, e che verrebbe a Roma a prenderne la corona, qualora piacesse a Nerone di dargliela: del che Corbulone gli diede buone speranze. In segno poi della sua sommessione andò Tiridate a deporre il diadema a piè dell’immagine dell’imperadore, per ripigliarla poi dalle mani del medesimo Augusto in Roma. Noi non sappiamo che divenisse di Tigrane, re precedente dell’Armenia1. Nacque nell’anno presente a Nerone una figliuola da Poppea, fatta andare apposta a partorire ad Anzo, perchè quivi ancora venne alla luce lo stesso Nerone. Ad essa e alla madre fu dato il cognome di Augusta; e il senato, pronto sempre alle adulazioni, decretò altri onori ad amendue, ed ordinò varie feste. Ma non passarono quattro mesi, che questo caro pegno sel rapì la morte. Nerone, che per tale acquisto era dato in eccessi di gioia, cadde in altri di dolore per la perdita che ne fece. Si fecero in quest’anno i giuochi de’ gladiatori, e si videro anche molti senatori e molte illustri donne combattere: tanto innanzi era arrivata la follia de’ Romani.


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Anno di Cristo LXIV. Indizione VII.
Pietro Apostolo papa 36.
Nerone Claudio imperad. 11.


Consoli


Caio Lecanio Basso e Marco Licinio Crasso


Andò in quest’anno Nerone a Napoli2 per vaghezza di far sentire a quei popoli nel pubblico teatro la sua canora voce. Grande adunanza di gente v’intervenne dalle vicine città, per udire un imperadore musico, un usignolo Augusto. Ma occorse un terribile accidente, che nondimeno a niun recò danno. Appena fu uscita tutta la gente ch’esso teatro cadde a terra. Pensava quella vana testa di passar anche in Grecia, e in altre parti di Levante, per raccogliere somiglianti plausi; ma poi si fermò in Benevento, nè andò più oltre, senza che se ne sappia il motivo. Fra questi divertimenti fece accusar Torquato Silano, insigne personaggio, discendente da Augusto per via di donne. Il suo reato era di far troppa spesa per un particolare; ciò indicar disegni di perniciose novità. Prima di essere condannato, egli si tagliò le vene. Tornato a Roma Nerone, volle dare una cena sontuosa nel lago di Agrippa, come ha Tacito. Dione3 scrive ciò fatto nell’anfiteatro, dove, dopo una caccia di fiere, introdusse l’acqua per un combattimento navale; e, dopo averne ritirata l’acqua, diede una battaglia di gladiatori; e finalmente, rimessavi l’acqua, fece la cena. N’ebbe l’incombenza Tigellino. V’erano superbe navi ornate d’oro e d’avorio, con tavole coperte di preziosi tappeti, e all’intorno taverne disposte in gran numero con delicati cibi preparati per ognuno. Canti, suoni dappertutto, ed illuminata ogni parte. Concorso grande di plebe e di nobiltà, tanto uomini che donne, e tutta la razza delle prostitute. Che

  1. Tacitus, Annal., lib. 15, cap. 23.
  2. Tacitus, Annal., lib. 15, cap. 33.
  3. Dio., lib. 61.