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181 ANNALI D'ITALIA, ANNO L. 182

intitolarsi Nerone Claudio Cesare Druso Germanico, come apparisce dalle medaglie1 battute allora in onor suo. Il mezzano di questo affare, adoperato da Agrippina, fu Pallante, il più confidente che s’avesse Claudio; ed avendo allora Nerone due anni di più di Britannico, si vide la deformità d’aver egli adottivo la mano dal figliuolo legittimo e naturale dell’imperadore, ornati amendue del cognome cesareo. Nè già dimenticò sè stessa l’ambiziosa Agrippina. Non avea mai Claudio conceduta a Messalina il titolo d’Augusta. Lo volle ben ella, nè le fu difficile l’ottenerlo; sicome ancora nell’anno seguente volle l’onore d’entrar col carpento, o sia colla carrozza nei pubblici giuochi. Cresciuta ne’ titoli Agrippina crebbe anche nell’autorità, e peggior divenne di Messalina, non già nell’impudicizia, perchè se questa non le mancò, fu almeno occulta, ma nelle rapine della roba altrui, e in procurar la morte a chi si tirava addosso il di lei sdegno, o lo meritava per essere ricco. Quanto ella era diligente a far ben educare e a produrre il suo figliuolo Nerone, altrettanto la scaltra donna si studiava di abbassare e di fare scomparire il figliastro suo, cioè Britannico Cesare. Sotto vari pretesti fece morire, e levare dal di lui fianco le persone che gli poteano inspirare de’ sentimenti contrarii ai suoi; e fra gli altri2 v’andò la vita di Sosibio di lui maestro. Altre persone mise ella in lor luogo, tutte dipendenti dai suoi voleri, di modo che l’infelice principe era in certa guisa assediato e tenuto quasi come prigione, senza ch’egli potesse se non di rado vedere il padre Augusto. Faceva anche correr voce, che egli patisse di mal caduco e fosse scemo di cervello3, quando si sapea che in quell’età di nove o dieci anni era forte di corpo e di spirito molto vivace. Un trattamento tale eccitava la compassione [p. 182]in tutti, ma senza alcun profitto di lui. Nell’anno seguente Britannico, in salutar Nerone, disavvedutamente gli diede il nome di Domizio oppure di Enobarbo. Non si può dir che fracasso e querele facesse per questo in corte Agrippina. Volle essa inoltre la gloria di fondare una colonia che portasse il suo nome. A questo fine mandò alcune migliaia di veterani a piantarla nella città degli Ubii, che da lì innanzi prese il nome di Colonia Agrippina, città tuttavia delle più illustri e floride della Germania, che ritiene il nome di Colonia. Quivi era nata la medesima Agrippina, allorchè Germanico suo padre guerreggiò in quelle parti coi Germani. Riportò in quest’anno Publio Ostorio Scapula molti vantaggi contra de’ popoli della Bretagna, e prese, non so se in questo o nel seguente anno, Carattaco, uno dei re o duci loro, colla moglie e co’ figliuoli4: per le quali imprese conseguì dal senato romano gli ornamenti trionfali, ma con goderne poco, perchè la morte il rapì da lì a non molto. Condotto a Roma Carattaco prigioniero, senza smarrirsi punto, parlò a Claudio da uomo forte: e Claudio restituì a lui e a tutti i suoi la libertà. Ammirava dipoi Carattaco la magnificenza di Roma, e dicea ai Romani, che non sapea capire, come avendo essi cotanti superbi palazzi ed agiate case, andassero poi a cercar le povere capanne de’ Britanni. Camaloduno in quella grand’isola, città così denominata dal dio Camalo, fu scelta per condurvi una colonia di veterani, acciocchè servissero di baluardo contro i nemici e ribelli. Anche nella Germania superiore i Catti furono in armi, e fecero delle incursioni nel paese romano. Ma Lucio Pomponio Secondo, insigne poeta tragico, e governatore dell’armi in quelle parti, li mise in dovere, con aver anch’egli perciò meritati gli onori trionfali.

  1. Mediobarbus, Numism. Imp.
  2. Dio., lib. 60.
  3. Tacit. Annal., lib. 12, cap. 41.
  4. Tacitus, Annal., lib. 12, cap. 32.